Oggi parliamo di Problem solving, cioè di come risolvere i problemi, tutti, presenti o futuri che siano. Partiamo dal principio più importante quando affronti un problema: c’è sempre una soluzione. Questa è una di quelle rare regole della vita che non ammettono eccezioni.
Ti assicuro che qualsiasi problema tu possa avere, una soluzione c’è sempre.
A volte non sembra per due motivi principali:
Non hai capito bene qual è il vero problema;
Non hai voglia di mettere in pratica le soluzioni, o perché non credi di farcela o perché non ti piacciono.
Il primo punto è anche la cosa più importante quando affronti un problema e lo vuoi risolvere: hai chiaro qual è il problema? Spesso, infatti, non vediamo il vero problema ma solo alcune situazioni superficiali, che magari sono più immediate ma che derivano dal problema reale.
Il secondo è circoscritto alla natura di come si è fatti, dalle proprie esperienze, socialità, credenze. Troppo particolare e soggettivo per addentrarsi. Diciamo che quando capita serve abilità nel focalizzarsi sul primo punto, sforzo enorme e coraggioso, ma anche l’unico.
Ho scelto un video divertente, fluido, che si fa guardare così d’attivare la comprensione pura dell’essenza di questo articolo.
Come vedi, dunque, il primo passo se vuoi risolvere un problema è capire qual è veramente il problema. Come hai potuto osservare, il vero problema è legato alle emozioni negative che provi.
Il problema nel video qual è?
Che ogni dipendente ha un suo modo di fare e vedere le cose, non guarda il grande quadro ma il proprio dettaglio. Dunque serve essere differenti, fare quello che altri non fanno. In questa fattispecie è risultato utile un colloquio individuale, inserire in azienda un software gestionale, che una persona abbia pensato per tutti su come risolvere le questioni, anche brutalmente sottolineando l’ipocrisia di taluni, accompagnando l’interlocutore alla soluzione.
Questo argomento è a me caro, mi sento molto predisposto al problem solving, nella vita spesso mi è stata certificata questa qualità, una qualità che può essere allenata o nel DNA. Faccio parte della seconda categoria, nell’affrontare un problema e ricercarne la soluzione trovo la mia massima skill, quella che mi riesce facile, una forma mentis. Che spesso è anche arma a doppio taglio, dipende dalle situazioni e dagli strumenti in possesso per attuarla, questa dote spinge, talvolta, a fare errori più grossi nel cercare di risolverne altri.
Perché?
A causa del fatto che non si è capito bene il problema, come detto in apertura di articolo. Per cui, essere bravi a risolvere le questioni non è l’obiettivo o motivo di vanto, lo diventa se unitamente a ciò si riesce a capire il nocciolo del grattacapo.
Torniamo al principio dunque:
Cosa è il problem solving? Non si tratta solo di saper “risolver problemi”, ma anche e soprattutto di adottare una serie di strategie per ribaltare il punto di vista della nostra vita.
Come fare? Molto complesso, ve lo assicura una persona, prima che professionista, che lo ha affrontato come molti ma che per ragioni importanti, supporti importanti, lo ha iniziato a capire e dunque come diceva Henry Ford:
Pronti? Via…
Da una logica analitica ad una logica sistemica
Il primo errore? Cercare di comprendere il problema: questo genera una sorta di paralisi mentale. Quando le cose non vanno, siamo abituati a chiederci il perché, e spesso finiamo per dare la colpa a qualcuno. L’abbiamo imparato a scuola, dove ci hanno insegnato ad affrontare i problemi con una logica analitica.
Il fatto è che la realtà è ben più complessa di un quesito matematico: siamo interconnessi gli uni agli altri, per questo abbiamo bisogno di affrontare gli avvenimenti quotidiani con una logica sistemica, legata alle interazioni. Se vogliamo spegnere il fuoco di un caminetto non serve granché tornare a quando e come è stato acceso, più importante è capire che cosa lo alimenta e come possiamo interromperlo.
Andiamo sempre in cerca di un colpevole, perché tendiamo a rappresentarci come vittime anziché in qualità di responsabili di ciò che ci accade. La tendenza a dare la colpa, tuttavia, è esattamente ciò che ci impedisce di prendere le nostre responsabilità.
Questo errore si basa sul presupposto che se riusciamo a individuare il colpevole, sarà lui a dover risolvere il problema al posto nostro. Ma, dal momento che non è l’altro a essere il vero responsabile dei nostri problemi, non potrà fare molto per noi.
Il cambiamento è una scelta per essere protagonisti della nostra vita
Quante volte da bambini abbiamo detto “non è colpa mia”? Involontariamente replichiamo questo meccanismo in moltissimi ambiti della nostra esistenza quotidiana e in realtà, giustificando noi stessi, ci allontaniamo dalla possibilità di diventare protagonisti della nostra vita. Più rimandiamo ad altri la soluzione o il problema stesso, meno ci assumiamo la responsabilità di cambiare come nostra scelta.
Per evitare i problemi utilizziamo il silenzio (ti proibisco di parlarne), oppure l’illusione, facendo finta spesso anche con se stessi, che tutto vada bene. Anche la tendenza a rimuginare non funziona, perché amplifica l’overthinking (pensare troppo) senza, in realtà, andare verso la soluzione. Sfortunatamente, la gravità del problema è legata anche alla nostra disponibilità a comprendere il problema stesso.
Ogni giorno utilizziamo mappe mentali, tuttavia si finisce per confondere la propria mappa con la realtà; il che equivale un po’ a insistere nel voler mangiare il menu al posto del piatto.
Spesso anche il significato che diamo agli eventi che ci accadono tende proprio a confermare il nostro schema e proprio a causa di questo rifiutiamo di dare affetto o lo diamo alle persone sbagliate, diventiamo vittime del senso di colpa, soffriamo di complessi di superiorità o inferiorità. Interpretiamo le azioni degli altri secondo il nostro schema.
Tu non vali niente: credenze limitanti come questa, ascoltate da bambini, entrano nel DNA. Da adulti i nostri comportamenti e le nostre convinzioni rifletteranno questa visione limitata del mondo. I limiti delle nostre azioni e del nostro linguaggio, in fondo, rispecchiano i limiti delle nostre mappe mentali.
Smetti di alimentare il problema.
Avete notato che si finisce sempre per trovare ciò che si cerca? Quindi, se siete in cerca di problemi da risolvere, che cosa vi manderà la vita? Dei problemi, naturalmente!. Elementare Watson. Per ottenere un risultato diverso dobbiamo smettere di comportarci nello stesso modo, avere le stesse reazioni, dire cose che abbiamo già detto. Cambiare schema comportamentale non è facile, perché implica mettersi in gioco. Riprendere la responsabilità della propria vita e delle scelte di ogni giorno. A volte abbiamo bisogno di accrescere il problema prima di risolverlo, tocchiamo il fondo prima di risalire a galla.
Cambiare vuol dire accettarsi per come si è
«Esiste un curioso paradosso: solo quando mi accetto così come sono, posso cambiare» (Carl Rogers): rifiutare la situazione può diventare parte del problema, ecco perché la sfida è allenarci a osservare noi stessi, mettere in discussione le nostre convinzioni, gli schemi mentali abituali, il modo in cui ci comportiamo con gli altri.
Spesso non vediamo che il cuore è pesante per le aspettative che in segreto nutriamo, le frustrazioni che fatichiamo ad ammettere. Quando fatichiamo a tirare avanti, a volte è perché siamo bloccati in una transizione o non riusciamo a elaborare un lutto. È necessario imparare a voltare pagina, per scrivere un nuovo capitolo della nostra vita.
Un po’ complesso se non ci si sbatte il faccione, lo ammetto. Diciamo che nel lavoro è abbastanza semplice l’applicazione del problem solving perché vedo il lavoro un po’ come la matematica: logico, dunque lo capisco e mi ci trovo bene, la vita più in generale non lo è, è totalmente illogica e dunque serve cambiare l’approccio ad essa.
Detto tra noi, già capire certe cose è un grandissimo risultato o, forse detto meglio, un primo passo in avanti.
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“La negoziazione è un processo interpersonale che si oppone al conflitto: negoziare significa collaborare, fare squadra, implica il raggiungimento di un accordo plurilaterale, vantaggioso per tutte le parti coinvolte. In ambito commerciale, il delicato processo negoziale può coinvolgere sia gli interlocutori interni (colleghi, collaboratori, supervisori e responsabili di azienda) che esterni all’azienda (clienti, partner commerciali e stakeholder aziendali)”.
Definizioni, quanto sono belle…..
Dunque, appurato quanto sopra, possiamo asserire senza dubbio alcuno che:
“Nessuna forma d’arte può fare a meno di proprie regole specifiche: la negoziazione, in quanto arte delle relazioni umane, non fa eccezione”.
Qual è quindi, in una qualunque relazione, l’elemento fondamentale e basico per una negoziazione? La presenza, fisicità, vedersi, insomma stare dinnanzi all’interlocutore.
Siete d’accordo?
Pare banale, tante volte ci si dimentica delle cose più semplici, delle cose più naturali, talvolta per distrazione e comodità altre per convenienza. Concentriamoci sulla seconda, perché converrete che la prima sia un errore o cosa ingestibile. Per convenienza, parliamo di questo aspetto. Esistono momenti della vita in cui porsi di fronte ad altra persona sia un’azione difficile, non per cattiveria, sono altre le sensazioni o emozioni che spingono a non esserci e sono da rispettare, ma come negoziare in assenza del principio cardine? La risposta è che non si può, o meglio, puoi provare ma telefono, mail, call, non ti aiuteranno perché saranno un ostacolo alla natura umana, un filtro, un mondo interpretabile che non regala la verità. La cosa più ovvia e giusta sarebbe abbandonare la relazione, ma spesso non lo si fa perché il più delle volte ci si ostina ad affrontarla ugualmente, anche se è sbagliato. Chi scrive è primatista d’errori, primo, secondo e terzo a pari merito, non lascio mai nulla ad altri in tal senso, il podio è tutto mio. Infatti mi formo, informo, leggo, per migliorare e divulgare un qualcosa di corretto in cui io per primo mi cimento.
Lascio degli esempi di esperienze passate:
come persona, il sottoscritto, nasce come coerente e rispettosa, credo nel prossimo, dono fiducia. Aspetti molto belli se presi ed isolati dal contesto, ma in questo contesto non lo sono. Perché? Perché la mia propensione è curarmi più del prossimo, lasciare navighi in zona di comfort, penso sempre che mettere le persone nelle migliori condizioni venga apprezzato tanto al punto da indurre l’interlocutore a trattarmi allo stesso modo. Sbagliato. E’ sbagliato perché se non avviene quanto sperato tendo a modificare la mia educazione e moralità, mi sento escluso senza una ragione. Quanti di voi riescono a capirmi usando empatia?
Un Es. immobiliare: se mostro un immobile ad un il cliente che successivamente si dichiara interessato, dopo la fase riflessiva necessaria, serve fissare un appuntamento in ufficio per tessere la relazione, negoziazione, allo scopo di redigere una proposta d’acquisto. Trattare la stessa vicenda per mail, lasciare il cliente libero di fare il ricercatore su internet, permettere veda altro, storpierà la relazione e, la buona riuscita sarà una chimera, un caso fortuito, non bravura.
Mi è capitato in passato, ho sbagliato, perché cosa succede in realtà quando un cliente non permette un incontro di dialogo, succede che ti spazientisci, pensi male, inizi a diventare creativo, magari forzi la mano dicendo che altro cliente verrà a discutere di questo immobile ma, essendo una bugia, verrai giudicato come scorretto e dunque, che fine farà la vostra negoziazione? Lascio la risposta ai miei lettori, ma lascio anche quello che ho imparato. Serve amor proprio e spina dorsale. Serve rispettarsi, se l’altro/a non vi dà seguito bisogna avere la forza di lasciare andare, passare oltre. Non è detto che in questo modo la negoziazione fallirà, il cliente potrebbe tornare, e se lo farà si potrebbe costruire una struttura di business con solide fondamenta, diversamente non era destino.
Se non esiste una sana relazione, comunicazione, una negoziazione non avrà futuro, si deteriorerà prima ancora di nascere, porterà a scimmiottare le parti, non permetterà equilibrio.
Cosa fare? Come detto nei paragrafi precedenti, top sarebbe abbandonare quella specifica situazione ma, se t’interessa molto coltivarla, poniti come unico obiettivo d’essere un/a bravo/a postino/a, far giungere e verificare che venga apprezzato lo sforzo di tanto interesse verso l’altro/a, per due motivi:
Non ci si crea false aspettative, già sai che è arduo un obiettivo più alto, vivi meglio;
L’altro/a deve percepire quanto sia o sia stato/a focale ed importante, potrebbe tornare utile in futuro.
Bene, siete stati bravi e fortunati, siete dinnanzi alla figura con cui relazionarvi, questi i passaggi chiave da studiare, provare, attuare al fine di generare vantaggio per entrambi, perché una negoziazione sana e vincente si basa sulla legge del win/win, ogni altra interpretazione non è valida.
5 punti da gustare e leggere, fare propri:
Fai la prima offerta
Se vuoi guidare la trattativa verso una direzione ben precisa, ne devi prendere il controllo fin dal principio. Questa è una delle mosse migliori per riuscire a guadagnarti un vantaggio e maggiori probabilità di raggiungere un accordo equo.
Quali caratteristiche deve possedere la prima offerta? Chi vende un prodotto parte con un prezzo molto alto, aspettando che sia l’altra persona ad abbassarlo.
Se sei stato in Marocco e hai provato ad acquistare un souvenir nel souk, ti sarai certamente accorto che la negoziazione è parte integrante della cultura dei mercanti. Gli oggetti non hanno un cartellino con un prezzo fisso come sei abituato a vedere, perché il prezzo stesso deve essere contrattato dalle parti fino a raggiungere un accordo equo.
In base a delle ricerche in questo ambito, è la prima offerta quella che determinerà l’esito della trattativa. Se è il venditore a fare un prezzo elevato, l’accordo si concluderà con un prezzo alto. Diversamente, se l’acquirente offre per primo, i prezzi saranno più bassi, perché lui pensa nel proprio interesse.
Ricapitoliamo. Il primo che prende la parola conduce la trattativa, e io ti consiglio caldamente di essere tu a guidare il gioco.
Parla solo quando è necessario
Pensa a cosa potrebbe accadere quando, durante una conversazione con un interlocutore, tu decidessi di rimanere in silenzio fissandolo. Senza dire una parola. Lui inizierebbe ad agitarsi, divagherebbe con frasi poco inerenti al discorso pur di riempire quello che percepisce come un vuoto.
Il silenzio è un’arma molto potente, se utilizzato in modo sapiente. Ciò che la controparte considera un vuoto, per te è una straordinaria opportunità.
Durante una trattativa di vendita si verifica la stessa identica dinamica. Il venditore, sfruttando il silenzio, porta l’acquirente a fare una concessione a cui prima non aveva pensato.
Ecco allora che il silenzio è un asso nella manica da sfoderare al momento giusto per riuscire ad ottenere un profitto maggiore per te.
Perciò, parla subito per tarare l’orientamento della trattativa e poi rimani in silenzio. Prendi la parola solo quando scorgi una finestra che può aiutarti ad ottenere di più.
3. Supera la paura del rifiuto
Il rifiuto è una delle principali paure dell’essere umano, lo è nella vita privata così come sul lavoro. Chi riceve un rifiuto si agita, pensa di non riuscire più ad ottenere ciò che vorrebbe e manda all’aria tutta la trattativa. O, peggio ancora, ci sono persone che per paura di un rifiuto accettano la prima offerta che viene loro fatta, uscendone amaramente sconfitti. Lo fanno gli acquirenti così come i venditori.
Ho visto fin troppi venditori abbassare a dismisura il prezzo del loro prodotto, o servizio, per paura di non venderlo, senza rendersi conto che si stavano sabotando con le loro mani.
Ecco perché, se vuoi uscirne vincitore, devi superare questa ancestrale paura del rifiuto.
Se una strada ti sembra bloccata perché la controparte è irremovibile, trova un modo per aggirare l’ostacolo e ottenere comunque un risultato soddisfacente. Ma per farlo devi abbandonare l’ansia del rifiuto e calcolare con tranquillità la situazione.
Poni domande e ascolta
Per portare la negoziazione verso la giusta direzione devi ottenere molte informazioni dal tuo interlocutore. Sei d’accordo con me?
Durante qualsiasi tipo di negoziazione, per ottenere le giuste informazioni, devi porre delle domande.
Attenzione, però!
Se farai delle domande chiuse, il tuo interlocutore ti risponderà semplicemente con un sì o con un no. Questo pensi possa esserti d’aiuto? Non credo.
Il modo migliore per ottenere la maggior parte delle informazioni è fare delle domande aperte, che lascino la possibilità all’altra persona di argomentare.
E tu nel mentre cosa devi fare? Ascoltare.
Inoltre, una domanda aperta ti permette di rilanciare su un’offerta fatta dalla controparte. Potresti dirgli: “Cosa ne pensi se ti dicessi che questa offerta non funziona per la mia azienda?”.
In questo modo puoi scoprire il suo punto di vista e ottenere altre informazioni rilevanti per condurre la trattativa oltre.
Accordi Win-Win
Abbiamo detto che un buon negoziatore punta ad ottenere un risultato equo dalla trattativa. Tuttavia, equo non significa che lui debba uscire vittorioso e l’altra parte drasticamente sconfitta.
Soprattutto se sei un imprenditore o un venditore, condurre una negoziazione spietata solo per il gusto di portare a casa il premio aziendale arriverà a ledere l’immagine dell’azienda a lungo andare.
I clienti parleranno e ben presto tutti sapranno che non è possibile guadagnare nulla con un venditore del genere, si allontaneranno dal tuo brand. La tua reputazione sarebbe compromessa per sempre.
La migliore trattativa, invece, è quella che lascia soddisfatte entrambe le parti, togliendo certi aspetti ma concedendone altri. Un accordo win-win, appunto.
Se stai vendendo qualcosa, chiudi una negoziazione che lasci felice l’azienda e il cliente. Puoi essere sicuro che quella persona tornerà di nuovo ad acquistare da te. Ma se la sottoporrai ad una torchiatura solo per avere la meglio, potrai stare certo del contrario.
Conclusioni:
Ho terminato. Spero l’articolo sia stato di gradevole lettura e abbia lasciato spunti di riflessione. Come imprenditore cerco sempre questo nel prossimo, ispirazione, la cerco e provo a donarla per una vita win/win.
Primo blog dell’anno 2021, alta responsabilità, perché sarà quello trainante rispetto ai successivi, perché sarà il leader di ogni cosa che andrò a fare o dire d’ora in avanti, come metaforicamente espresso nel video allegato.
Parliamo di assertività. Di recente ho pubblicato un breve post di apertura all’argomento, direi meglio una nuova forma mentis che voglio che mi accompagni. Per farlo però devo condividere, devo diffondere questo credo, questa modifica di stile comunicativo. Dunque eccomi qua a scrivere di lei, l’assertività. Ho preso informazioni, ho letto un libro in men che non si dica, e posso affermare che mi ha affascinato completamente.
Pronti?
L’assertività è un’abilità sociale comunicativa che riunisce i comportamenti e i pensieri che ci permettono di difendere i diritti di ognuno senza aggredire né essere aggrediti.
Questa definizione è tratta dal libro scritto da Giulia Nobili “Comunicazione assertiva”.
Proviamo a semplificare con un esempio:
Immagina di sederti al ristorante per una cena, di questi tempi immaginare è d’obbligo, quando il cameriere ti porta ciò che hai ordinato e ti accorgi che una delle posate è sporca, che fare?
Esistono sostanzialmente 3 tipi di reazione:
Non dire nulla passandoci sopra;
Fare una scenata e ridicolizzare il cameriere;
Chiamare il cameriere e chiedergli che cambi la posata sporca.
Siete d’accordo non vi siano altre alternative?
Bene!
E’ evidente come le prime due reazioni non siano esattamente corrette, la prima lede voi stessi che affronterete un momento piacevole con disgusto, la seconda è la peggiore perché denota perdita di controllo e impatto sull’emotività del cameriere, la terza è valida e dunque assertiva. Perché? Si ottiene in un colpo solo quello che le prime due reazioni avevano insite ma in maniera troppo estremizzata: rispetto per sé stessi, del prossimo e risoluzione elegante del problema.
Meglio spiegato così, vero?
Diciamo che l’essere assertivi rappresenta uno degli elementi utili per migliorare la propria intelligenza emotiva.
Nei tre esempi sopra, la prima reazione è definita passiva e la seconda aggressiva. Tendenzialmente nessuno è sempre passivo o solo aggressivo, esiste uno stile predominante ma in taluni casi siamo l’uno e in altri il secondo.
Provate a prendere un foglio di carta e scrivere:
FAMIGLIA
AMICI
RELAZIONE DI COPPIA
LAVORO
Fatto? Ecco, provate a riguardarvi con il pensiero, in relazioni concernenti questi macro-gruppi, che tipo di relazioni avete attuato?
Scrivetelo accanto alla parola chiave, noterete come lo stile comunicativo muti in ragion di chi abbiamo come interlocutore. Non faccio riferimento alla maggiore disponibilità, ambientazione, socialità o quant’altro, è ovvio che con un amico sarò sciolto e diretto, più distaccato e serio in ambito lavorativo, per esempio. Parlo di come vi relazionate, se sono stato bravo a far passare il messaggio riuscirete ad etichettare i vostri diversi stili comunicativi e noterete che sarete maggiormente passivi o aggressivi semplicemente verificando se troverete scritto più volte la parola “passivo” o “aggressivo”.
E’ importante conoscersi, vedete, a scuola ci insegnano tante cose, i libri ci donano vocaboli, impariamo ad usare la testa ma chi ci insegna a relazionarci? Oggigiorno è la skill più importante.
Ne sono convinto perché lavoro su me stesso, sulle mie esperienze, sulle mie deficienze, errori, insuccessi e noto quanto sia lontano dall’essere assertivo. O meglio, a volte lo siamo un po’ tutti, soprattutto quando tutto fila a gonfie vele e siamo carichi ed emotivamente “colorati”, provate a esserlo quando tutto va male, quando siete in difficoltà, quando perdete le vostre certezze, lavoro, persone importanti.
Provate.
Basandomi su me stesso, sempre, ho notato come sia tendenzialmente passivo anche a causa della mia naturale introversione e saltuariamente aggressivo perché spesso evito d’impormi per un qualcosa che reputo maggiormente significativo ma questo non fa altro che destabilizzare me stesso e anche il mio interlocutore. Quest’ultimo penserà di poter controllare ogni cosa e, quando si ritroverà l’aggressività ad attenderlo, ne rimarrà basito. Bene, la parola chiave dunque deve essere equilibrio, assertività per l’appunto, riuscire a comunicare senza prevaricare, senza minimizzare le proprie necessità, senza farlo delle altrui, il nuovo obiettivo deve essere una comunicazione solida, efficacie e rispettosa.
Chiaramente è un argomento vasto, abbraccia varie aree, da quelle mediche a quelle di leadership, non è lì che ora voglio entrare, solo sensibilizzare al concetto perché cerco sempre di condividere quello che offre spunti di miglioramento a me stesso.
E’ un messaggio di pace se vogliamo, perché si vive troppo sui social e perdiamo la bussola delle relazioni, più che altro l’abitudine, soprattutto in questa fase in cui siamo anche costretti alla “lontananza”.
Concludo questo articolo con un video che vidi poco più di due anni fa, un video molto bello che traduce il concetto di leadership, comunicazione, determinazione, motivazione e assertività, quello che come detto in principio dovrà rappresentare questo primo blog per il seguito, l’esempio. L’esempio che si può fare più di quanto vedi in te stesso, che puoi ispirare. Tempo fa lo scelsi perché mi piacque, solo per questa ragione, ora lo dedico a chi vuole determinare, perché se hai una leadership la devi esercitare, perché in ogni relazione c’è chi è l’ago della bilancia, qualcuno che porti un peso più di altri, se é importante.
Recentemente ho acquistato un interessantissimo corso registrato, da seguire e riascoltare se necessario ogni qual volta lo desidero, e parla d’intelligenza positiva. Di fondo è incentrato su come meglio affrontare lo stress, e dunque i danni, derivanti dalla pandemia sulla nostra psiche. Non mi ha attratto per questa ragione però, sono sincero, ho inteso il virus come metafora della vita, l’ho fatto mio non per la specifica ragione per cui è stato creato, bensì per una veduta più ampia: come migliorare la propria intelligenza emotiva verso la vita.
Fatto fuori il Covid-19 ci sarà altro, magari di meno cattivo, ma ci sarà. Che poi non è male in senso assoluto, che noia sarebbe l’esistenza perfetta? Dove le spinte al cambiamento? Al miglioramento. I terremoti, nei loro effetti crudeli, portano ad un giovamento della Terra. La vita racchiude tutto, cose buone e meno buone, credo fermamente che l’attenzione debba andare verso ciò che è avverso perché quando tutto volge verso scenari a noi congeniali, beh, siamo un po’ tutti bravi.
Per cui, un corso che mescola varie scienze quali: psicologia, medicina, allenamento fisico, alimentazione, permette di capire come ogni cosa non sia a compartimento stagno e che tutto fluisce e s’interseca influenzando l’altro e, nell’unione, crea la magia di una più alta intelligenza che aiuta ad affrontare le avversità da vincenti.
Talune cose le sapevo, altre no, altre ni nel senso che sapevo la cosa in sé ma non la ricollegavo ad eventi successivi.
Partiamo?
Stress e lavoro
Parliamo del lavoro, quando scoppiò la pandemia, o meglio, quando hanno deciso di farcelo sapere, pensai subito che, oltre alla grave e dolorosa perdita di vite umane (solo io personalmente ho dovuto piangere 3 persone: uno zio, un cugino ed una collega), sarebbe stata una grave piaga per l’economia. No, dai, non sono un “grande mago”, solo una persona pragmatica che tende naturalmente alla ricerca del risultato, del cambiamento e della ricerca di effetti collaterali per non subirli. Ci provo per lo meno.
La mia professione, l’immobiliare, ha subito un contraccolpo non di poco conto e, gli effetti veri, saranno ancora oggetto di strascico nel prossimo anno. Un problema porta negatività, restrizioni portano a chiusura, se poi aggiungiamo che siamo in Italia possiamo dire che la frittata è fatta? Oh, intendiamoci, sono fiero ed orgoglioso di essere italiano, siamo un grande popolo, ma solo quando lo desideriamo. Comunque, non è uno stress avere un’attività che ha subito un calo imprevisto? Non lo è ancor di più ricercare come riallinearsi al nuovo mondo per evitare che l’incerto futuro porti altro stress? Dunque, se l’inizio della pandemia fu un evento non prevedibile, ora la situazione è più chiara, serve agire e riposizionarsi, serve intelligenza positiva.
Da qui in avanti vi lascio un sunto dei messaggi che mi hanno maggiormente colpito cosi che, chi vorrà, potrà andare ad approfondire facendo come ho fatto io, investendo su sé stessi. Ricordate solo questo: fare formazione costa, non farlo costa molto di più.
Frasi motivazionali a parte, il corso parte da una domanda: “come affrontare lo stress con intelligenza positiva?” Aspettare o Adattarsi?
Aspettare è un buon modo quando, in principio, serve capire cosa stia accadendo ma deve essere breve perché attendere troppo genera stress e ansia tipo: aspetto aiuti esterni, aspetto vada a posto da solo, aspetto…..
Definiamo con semplicità stress ed ansia:
Stress è reazione psico-somatica di adattamento rispetto alla percezione di mancanza di controllo, pericolo;
Ansia è una reazione anticipatoria di una paura, di un pericolo futuro.
Detto ciò, aspettare non ha nulla a che vedere con qualcosa che possa dipendere da me, da te, nulla che si possa fare per indirizzare lo scenario. Per cui che accade? Che diveniamo negativi, la peggior versione di noi stessi, come del resto ho evidenziato nel percorso che recentemente ho creato parlando dell’enneagramma. Mica per scelta, è nel DNA dell’essere umano, come lo è cambiare.
Cosa accade fisicamente in noi? Quando abbiamo un problema tendiamo a rinchiuderci, lamentarci, arrabbiarci, a parlare costantemente di un problema e sapete che succede nel nostro corpo? Viene rilasciato cortisolo, un ormone che, se rimarrà troppo a lungo in esso porterà enormi svantaggi.
Esempi:
Abbassamento difese immunitarie;
Abbassamento serotonina, dunque minor capacità decisionale;
Indebolimento della memoria;
Invecchiamento precoce;
Aumento di comportamenti impulsivi;
Infiammazione corporea.
Per cui, leggendo questa lista e riguardando il recente passato, cosa vedete? Isteria di massa, ignoranza, stress, negatività in una parola.
Dunque che fare?
Pare banale, ma la parola d’ordine è agire, adattarsi, attivarsi su ciò che si può controllare, Noi stessi.
La pandemia è possibile eliminarla su richiesta? No.
Posso, urlando dal balcone ai passanti non corredati di giustificato motivo ad uscire, di tornare a casa? No.
Quello che posso fare è cambiare il mio modo di percepire la realtà, lavorando su me stesso, istruendomi, migliorando l’alimentazione, facendo allenamento fisico, lavorando con passione, aiutando il prossimo. Tutte queste azioni permetteranno al nostro organismo di rilasciare un ormone del buon umore, la serotonina, che aiuta tra le altre l’aumento della propria autostima.
Fare, generare scenari e dunque obiettivi, rivestirà un ruolo essenziale per accrescere la nostra intelligenza positiva. Parliamoci chiaramente, non fa al caso mio attendere che qualcuno faccia qualcosa per me, buttarmi addosso negatività ben che meno, allora faccio, mi metto alla prova.
Obiettivi, piace chiamarli anche target, mission, come vi aggrada di più e, per raggiungerli, serve una strategia:
Definire l’obiettivo;
Quali azioni di successo per raggiungerlo;
Analisi di problemi potenziali;
Azione.
Detta in parole differenti è fare PDCA, per chi fosse curioso di conoscerlo trovate nei blog in www.spaziourbanoimmobiliare.it un articolo dedicato oppure leggendo il mio libro “Risorse umane e agenzie immobiliari: croce o delizia?” acquistabile su Amazon.
Serve cambiare la percezione, spostarla dal “non posso farci nulla, è così” a “dove posso incidere, fammi organizzare”.
Vi racconto un evento recente che mi ha visto protagonista. Ho provato a fare il panettone a casa! Pardon, devo premettere che in cucina sono limitato, non è una mia passione e pecco di creatività. Dicevo, per farlo e ricercare una riuscita decorosa, ho studiato delle ricette, ho visto quali passaggi svolgere e in che tempistiche, ho fatto la spesa ad hoc, ho ritagliato del tempo per fare ciò. Risultato? E’ venuto buono, sinceramente, ma non bellissimo perché ho dimenticato d’incidere la parte alta prima d’infornarlo, per cui ho ricreato un fac-simile di un muso di un cane, ma sono stato fiero di me. Mi ha portato benessere, leggerezza.
Questo esempio è valido per quanto concerne il benessere psicologico, la stessa regola vale per quello fisico, lavorativo, nelle relazioni, all’or quando si agirà per un risultato. Ad ogni buon conto è condivisibile dire che essere lucidi ed in forma aiuti ad affrontare con forza le avversità e godere appieno delle cose belle che la vita ha da offrire. E’ evidente, consequenziale, che se trasformerò il mio stato psico-fisico in positivo cambierò la percezione della realtà, con essa il modo di agire, permettendomi d’adattarmi correttamente alla nuova situazione.
Ricordate, gli obiettivi devono essere SMART (Specific, Measurable, Accepted, Realistic, Timely), dunque dovranno essere:
Specifici (obiettivo chiaro);
Misurabili (capire come lo raggiungi);
Ecologici (vantaggi e svantaggi);
Realizzabili (reale, fattibile);
Tempificati (in un tempo, meglio se breve).
Tutto bello, già sentito, insegnato da chissà che luminari, è vero. Però, quante volte lo avete visto applicare?
Un altro spunto carino mi è arrivato dalla famigerata legge di attrazione. Se mi rivolgo ad un problema, una paura, o ciò che si vuole con negatività, ansia e attesa, farò in modo che la profezia del maleficio si avveri. Dunque il pericolo, un ostacolo, cosa genera? Immobilismo, rabbia, stress. Un cambio di tendenza porterà a gentilezza, proattività, efficienza, energia, serenità. A questo bisogna puntare. Non sono chiacchiere, lo sto applicando su me stesso, sto cercando di evitare di buttare negatività, ad esempio nelle relazioni, questo mi aiuta ad essere più sereno, più me stesso, la parte giusta, quella vera. Provateci, vi sentirete più positivi e meno fatalisti.
Vi risparmio tutta una serie di specifiche legate al mondo della psicologia/medicina che analizzano come sia composto il nostro cervello, quali aree controllano l’azione, quali i sentimenti, il dolore, e via. Ma è corretto segnalare come le reazioni avvengano nella nostra parte preistorica, quella della sopravvivenza, dal Paleo encefalo. Utilissimo per salvarci la vita, non per farla progredire. Siamo esseri che ricercano cose semplici, armonia, ricompense immediate, perché tutte queste cose ci fanno stare meglio e, non avendole a disposizione in un determinato momento, tendiamo ad incupirci.
Dove voglio arrivare con tutto questo articolo? Mi piaceva condividere un’esperienza, far coglierne l’essenza di quanto mi è rimasto, perché si vive sotto lo stesso cielo e, mai come ora, è evidente. Volevo far del bene, volevo dire che non tutto è sempre un male proveniente dalla stessa fonte, che deve essere capito, altrimenti non ci sarà un futuro. Roseo intendo. Serve condivisione, serve contraddittorio, ascolto, presenza, fiducia. Serve guardare cosa si è fatto sin qui, perché se ci sei arrivato/a, più di qualcosa di positivo lo avrai svolto, che dici? E’ corretto? Più semplicemente perché è importante.
Un’esperienza attraente: ho visto, in uno dei video a mia disposizione, come l’acqua raccolga le onde sonore. Hanno messo un bicchiere d’acqua vicino ad una cassa che emetteva musica lirica, poi un altro bicchiere differente vicino ad una cassa con musica heavy metal, successivamente è stata congelata l’acqua dei due bicchieri e, la cosa stupefacente, è stato osservare come la ramificazione della cristallizzazione fosse lineare nella prima, interrotta nella seconda. Fin qui tutto bene, è un esperimento su dell’acqua, poi però hanno ricordato che il corpo umano è prevalentemente composto d’acqua.
Per cui? Tutto influenza, nulla è scollegato, ciò che siamo e che ci circonda, come lo usiamo, se lo usiamo, porta vantaggi o svantaggi. Non solo fisici, focalizzatevi sui pensieri, comportamenti. Se mancate di rispetto ad una persona, che accade? Perderete la fiducia di questa persona. E’ il naturale effetto. A volte la fiducia torna, altre no. Pensate ad una persona importante, la più importante. Chiudete gli occhi, fatto? Ecco, pensate di perderla per effetto di un’azione sbagliata, come vi sentite? Come affronterete la vita? Come questa persona ferita. Come dite? Basta spiegarsi? Non credo, le parole a volte non bastano. Da quel momento ogni male sarà a voi ricollegabile, sarete la panacea di tutti i mali e, sia ben chiaro, non è meschino è il risultato. Colpa vostra.
Richiudete gli occhi, fatto? Come vi sentite? Male vero? C’è del buono in questo male: pentimento e amore.
Ecco, volevo far capire come oggi, più che mai, sia indispensabile agire, avere obiettivi, saper relazionarsi, alimentarsi correttamente, condividere la propria vita con persone positive, fare esercizio fisico, fare del bene perché ogni cosa ci influenza e, conseguentemente, influenzeremo gli altri. E’ un domino.
Fare del bene, ad esempio, quando tutto gira male può essere elemento di sollievo per sé stessi e gli altri, è forse l’unico modo per riqualificarsi, per dare una chance alla vita, perché se è vero il paragrafo precedente riguardo la fiducia, lo è anche la voglia di esserci e volersi riscattare, per conoscere la verità, per esprimere la parte migliore. Fare del bene non è banalmente circoscritto nel fare la carità, essere empatici col prossimo lo è, essere sé stessi, avere rispetto. Sono le piccole attenzioni che disegnano sul volto dell’altro un sorriso contagiante. Anche in questo particolare frangente sto lavorando su me stesso, ogni giorno, perché arrivi sempre a chi amo il profumo della mia essenza e ne colori le giornate.
Lascio questa riflessione, poi chiudo, qualche giorno fa si è celebrata la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Una donna, lo stesso giorno, ha condiviso su LinkedIn un messaggio più ampio, no alla violenza, su chiunque. E’ il suo pensiero, un’espressione positiva, ma è stata attaccata da altre donne perché secondo loro spostava il focus dalla donna e generalizzava. Perché? Perché gettare negatività su un pensiero. Vedete, per me fare del bene significa rispettare il pensiero d’altri, non condividerlo necessariamente, rispettarlo e capirlo. Io l’ho colto e la penso così: “Le donne non sono una categoria. Non sono un soggetto svantaggiato, né coloro a cui dar loro le briciole. Sono semplicemente l’altra metà del mondo”.
Consiglio spassionato, formatevi, leggete, fate dei corsi, tenete allenato il cervello, il corpo, non abbandonate la speranza che domani possa essere un giorno migliore.
L’anima di questo articolo è positiva, spero si colga, un documento molto affine con il Natale che sta arrivando. Questa festa aiuta, perché la meraviglia che porta con sé sta nei sorrisi. Adoro consegnare i doni e vedere il sorriso sul volto di chi li riceve, quello è il mio regalo, lì è racchiuso il Natale.
Eccoci arrivati alla fine di questo percorso che, con quest’ultimo documento, auspico se ne comprenda l’importanza, soprattutto la complessità dei rapporti interpersonali, di come sia fondamentale un approccio sempre volto alla comprensione e al rispetto del prossimo perché non possiamo sapere cosa quella persona abbia vissuto, come stia.
L’enneagramma ci insegna a vivere la nostra unicità con coraggio, fiducia e consapevolezza di ciò che siamo con i nostri talenti da sviluppare e i nostri automatismi da controllare.
Questo meraviglioso strumento di introspezione ci aiuta a comprendere che nella vita la staticità porta ad incagliarsi nei propri vizi e non ci consente di evolvere portando alla luce il meglio di noi. La vita è movimento, è cambiamento continuo e così noi, se vogliamo vivere davvero una vita piena, appagante e consapevole, dobbiamo muoverci all’interno della nostra configurazione, andando ad arricchire la nostra Base con i talenti e alcune caratteristiche delle Basi con cui siamo connessi. Mentre la Base non cambia mai, la configurazione è in continua evoluzione a seconda delle esperienze di vita, delle crisi, delle motivazioni e dei successi della persona.
A tal proposito, dopo aver studiato ogni enneatipo, analizziamo perché uno specifico profilo abbia riflessi differenti da persona a persona.
Partiamo dai 10 fondamenti dell’essere umano:
1°: Il problem solving dipende dal problem setting (comprensione che il disagio sia un problema) il quale, a sua volta, è condizionato dalla cultura di una persona, caratterizzata da metafore, categorie cognitive e analogie;
2°: Non è facile, se non impossibile, separare i dati oggettivi dalle nostre interpretazioni soggettive. C’è una stretta correlazione fra ciò che interpretiamo e la nostra personalità;
3°: La metafora è un metodo di percepire, classificare e valutare la realtà oggettiva;
4°: La prima funzione della cultura è quella di “mediazione”, serve a mediare l’interazione dell’individuo con il suo ambiente organizzativo e sociale;
5°: La seconda funzione della cultura è quella del “sense making” ovvero aiuta la persona a dare un senso alla sua esistenza nelle differenti sfaccettature;
6°: La terza funzione della cultura è quella di costruire principi e valori dell’individuo;
7°: Quando incontriamo una cultura diversa dalla nostra ci troviamo ad un bivio. Possiamo negarla, passando dallo smarrimento al disprezzo oppure riconoscerla passando dallo stupore al rispetto;
8°: L’intolleranza radicale comporta la negazione o il discredito della cultura dell’altro; il disprezzo dell’altro e, se possibile, il suo annientamento;
9°: La persona consapevole, democratica e aperta sa che il suo non è l’unico punto di vista e si apre ad altrui vedute;
10°: Le esperienze dalla nascita, inconscio-subconscio-conscio.
Questo schemino per creare un percorso che cerchi di trasmettere la serietà dell’argomento, la sua profondità. Il paradosso è che non potremo mai conoscere bene gli altri finché non conosciamo bene noi stessi e, al tempo stesso, non potremo conoscere bene noi stessi finché non conosciamo gli altri. Per risolvere questo apparente circolo vizioso basti sapere che conoscere noi stessi e gli altri, sono le due facce della stessa moneta, la comprensione della natura umana. I Sufi (popolazione che viveva nei deserti con una lunga tunica e un secchiello per l’acqua, nella loro lingua significa “i puri”) erano dell’opinione che gli uomini vengano distrutti dalle loro qualità, perché si identificano eccessivamente con ciò che sanno fare bene. In pratica le qualità si possono trasformare in limiti e, quando si sopravvalutano, si gioca una partita sul terreno più congeniale e di conseguenza si tende a rafforzare l’immagine di sé, che sia la migliore, ponendosi con atteggiamenti di superiorità. Questa è un’illusione.
Studiosi ben più bravi e preparati di me, ritengono che l’associazione a questo o quel enneatipo nasce dalle esperienze vissute in tenera età. Ferite. C’è chi ritiene da neonati, chi entro i primi 5 anni e via, ma è poco importante. Lo è assai di più capire che noi siamo quello che la vita ci ha dato, soprattutto quelle che sono state le relazioni con le figure dominanti, l’educazione ricevuta. Tutto questo plasma il nostro IO e trasmette ad esso un insegnamento: come tutelarsi. In questa fase intendo traferire che nascono, rimangono, delle ferite caratteriali che innescano una reazione a tutela. Da qui scattano le paure e visioni di sé di ogni enneatipo.
Per cui un tipo 1 eviterà la collera, il 2 aver bisogno d’altri, il 3 di fallire, il 4 d’essere ordinario, il 5 di trovarsi inadeguato, il 6 di trasgredire, il 7 di soffrire, l’8 di mostrarsi debole ed il 9 di trovarsi in conflitto.
Nascono dunque le tre aree fondamentali, meglio definite centri, che raggruppano gli enneatipi:
Istintivi (8,9,1);
Emotivi (2,3,4);
Razionali (5,6,7).
I tre centri hanno funzioni ben distinte e complementari, ideale utilizzarli tutti, impiegando ognuno nelle circostanze congeniali, tuttavia tendiamo a preferirne uno.
Il centro istintivo cerca di base di preservare “l’essere”, di garantire sicurezza e sopravvivenza, fisica e psicologica. E’ il luogo dell’energia e dell’azione, dove viene accettato il cambiamento o viene opposta resistenza. E’ anche centro di creatività nell’agire e nella sensualità, della spontaneità.
Il centro emotivo è il luogo dell’affettività, dei desideri e delle relazioni. Al centro emotivo interessa soprattutto il presente.
Il centro mentale cerca invece di dare un senso a sé stesso e al mondo. Per raggiungere l’obiettivo fa ricorso sia all’analisi logica, ragionamento, sia all’immaginazione e studio di differenti possibilità e prospettive. Proiettato al futuro.
Detto ciò, metto in risalto una domanda che feci quando partecipai alle lezioni sull’enneagramma:
“perché persone associate allo stesso profilo sono diverse?”
La risposta ce la siamo data nei paragrafi precedenti, dove siamo nati, con chi siamo cresciuti, quale educazione, cultura, tutto determina un IO unico ed inimitabile. Ma con paure comuni e modi di rigettarle in ragion della propria intelligenza, faccio riferimento all’asticella. Se riesco a farvi immaginare un contenitore rettangolare posto in verticale, da 0 a 10 la dimensione, dove 5 è la media. Bene, diciamo che la gran parte delle persone è posizionata sul valore 5, chi si distingue ed eccelle, cresce, và verso il 10, al contrario chi regredisce.
Ma per rispondere alla mia vecchia domanda non è sufficiente questa risposta, è utile sapere che ogni enneatipo ha interferenza dall’enneatipo vicino. Si chiamano ali.
C’è chi sostiene che siano ambedue influenti, a me dissero che certamente un influsso ci sia ma che una è ala di pollo e l’altra d’aquila. Per cui un tipo 6 con influenza maggiore in 5 sarà diverso da chi con influenza in 7 ma, importantissimo, le ali non cambiano il nostro enneatipo ma gli aggiungono qualità addizionali. Perché delle ali dunque? E’ dovuto al fatto che stare totalmente all’interno del nostro enneatipo di base genera una pressione intollerabile, pertanto “uscire” un poco dalla nostra personalità rappresenta un mezzo per allentare la tensione del nostro Tipo.
Ecco, capite perché il genere umano è complessissimo e vive tutta questa complessità con naturalezza? Perché parte di esso.
Vediamole queste ali e influenze su ogni enneatipo:
Tipo uno
Uno con ala Due: E’ più affettuoso del tipo puro, disponibile, attento alle esigenze del prossimo, mettendo a disposizione degli altri le proprie risorse.
Uno con ala Nove: Rispetto al tipo puro è più freddo, obiettivo, ha un atteggiamento distaccato e una ridotta emotività.
Tipo due
Due con ala Uno: E’ più idealista, obiettivo, ha una personalità caratterizzata di profondi principi morali. Questa personalità va incontro alle esigenze degli altri in modo meno manipolatorio del tipo puro.
Due con ala Tre: E’ più ambizioso, estroverso e valorizza concretamente la sua propensione e capacità di andare incontro al prossimo. E’ dotato di fascino e abilità comunicativa.
Tipo tre
Tre con ala Due: Rispetto al tipo puro è più affettuoso, disponibile, affascinante. Ha spiccate qualità sociali, incoraggia e trasmette fiducia.
Tre con ala Quattro: Rispetto al tipo puro si rende più capace di usare la sua creatività ed immaginazione. L’attitudine all’introspezione del quattro viene moderata dalla pragmaticità del tre.
Tipo quattro
Quattro con ala Tre: Rispetto al tipo puro è più ambizioso e sicuro di sé. La tendenza alla depressione del tipo quattro è mitigata, si nota una certa concretezza nel realizzare le proprie aspirazioni artistiche e creative.
Quattro con ala Cinque: in questa personalità l’introversione e l’originalità si rafforzano. La gestione dei sentimenti può essere conflittuale, poiché sono vissuti in modo intenso dal quattro e tenuti a distanza dal cinque.
Tipo cinque
Cinque con ala Quattro: in questa personalità si uniscono rigore intellettuale, creatività , sensibilità. Può essere una persona colta ed interessante.
Cinque con ala Sei: Se il cinque è indipendente, il tipo sei può mitigarlo con la sua fedeltà e lealtà. Questo cinque “fedele” corre il rischio di assumersi la responsabilità degli altri.
Tipo sei
Sei con ala Cinque: Questa personalità è caratterizzata dalla tendenza ad osservare gli altri (tipo sei) e dalla curiosità intellettuale (tipo cinque).
Sei con ala Sette: Più concreto rispetto al precedente e più estroverso, si lascia coinvolgere in diverse attività piacevoli. Può essere impulsivo.
Tipo sette
Sette con ala Sei: Ha maggior senso della realtà rispetto al tipo puro (per effetto del tipo sei). Comunica gradevolezza ed ottimismo.
Sette con ala Otto: Trasmette energia, grinta e vitalità. Tende a sapere quello che vuole.
Tipo otto
Otto con ala Sette: E’ una personalità avventurosa e forte. Assume l’iniziative spesso importanti e gestisce parecchi impegni contemporaneamente. Può essere egocentrico.
Otto con ala Nove: E’ più comprensivo e pacato: l’aggressività del tipo base è placata. Il risultato è maggior equilibrio nella personalità.
Tipo nove
Nove con ala Otto: Denota una certa propensione a stemperare i conflitti, facendo intuire una personalità interiormente determinata.
Nove con ala Uno: E’ caratterizzato da rigore morale, pacatezza e buon senso. E’ fortemente controllato dal punto di vista emotivo.
Finito? E no, un altro aspetto essenziale da introitare sono gli sviluppi di ogni enneatipo quando in fase di stress e quando a riposo, cioè, quando un enneatipo è in fase di stress significa che tende ad essere la parte oscura di altro profilo e parte positiva quando a riposo, quando in pace con se stesso.
Per cui, ogni enneatipo possiede un punto di tranquillità interiore, definita con la parola: riposo, e un punto di irrequietezza, disequilibrio, definito con la parola: stress. Le persone possono individuare i propri momenti di serenità e le proprie deviazioni avvalendosi di queste due variabili al proprio enneatipo.
Durante un periodo di stress il soggetto si sposta in direzione della freccia acquisendo le negatività dell’Enneatipo che incontra. Il punto di riposo (o consolazione) mette in evidenza la qualità dell’Enneatipo, il punto caratteriale verso cui gli esseri umani dovrebbero tendere durante la propria crescita.
Tipo Uno
Stress in quattro.
Se la crescita personale è minacciata, cambia la propria strategia dirigendosi verso il tipo quattro prendendone i lati negativi: diventa malinconico e tende alla depressione; pensa che non ci sia nessuno capace di capirlo veramente. Si chiude in un atteggiamento depressivo, perdendo la capacità di individuare soluzioni. Questa è una fase estremamente intensa per il perfezionista, in quanto prende contatto con le proprie emozioni ma negativamente.
Riposo in sette.
Quando il tipo uno va in fase di riposo riesce finalmente ad abbandonare la propria compulsione a fare tutto secondo le regole, godendosi la libertà di sperimentare la vita. La loro tendenza ad essere i “primi della classe” li porta a capire che sono ancora “in viaggio”.
Tipo Due
Stress in otto.
Se si sentono usati e rifiutati per troppo tempo, si dirigono verso l’otto, assumendo un atteggiamento duro. La propria rabbia si esprime tramite atteggiamenti aggressivi. Un tipo due può subire per molto tempo ma, quando il limite è stato raggiunto diventano estremamente pericolosi in quanto sanno dove colpire per fare male.
Riposo in quattro.
In questa fase il tipo due abbandona la propria compulsione a tendere una rete di relazioni e comincia ad essere più riflessivo; acquisendo le doti del quattro diventa più analitico.
Tipo Tre
Stress in nove.
Il successo non viene raggiunto, nonostante tutto ciò che si è costruito. A questo punto il tipo tre si dirige verso il tipo nove acquisendone i lati negativi. Tende a divenire pigro perdendo la sua proverbiale azione in quanto ha paura di ottenere ulteriori fallimenti. In questa modalità non raggiunge nessun obiettivo. A questo punto tutto l’odio, che generalmente prova verso i suoi rivali, lo rivolge verso se stesso.
Riposo in sei.
In questa fase il tipo tre migliora i rapporti con gli altri rinunciando alla compulsione ad apparire. Inoltre, entra maggiormente in contatto con la propria sfera emotiva. Il tipo tre ha la tendenza a scaricare l’altro (partner, socio in affari o amico) quando rischia il fallimento. I lati positivi del sei lo fanno diventare fedele e impegnato.
Tipo Quattro
Stress in due.
La reale o potenziale perdita di una persona amata può indirizzare il quattro verso il due. Questo lo porta a creare dipendenze nei suoi confronti comportandosi come un altruista. Adotta strategie per rendersi necessario, ma quando si instaura un rapporto di dipendenza, tende ad allontanare la “vittima”.
Riposo in uno.
Tende a divenire più disciplinato e centrato nel presente sviluppando un pizzico di concretezza che normalmente gli manca. In fase di riposo tende a mettere in pratica le proprie idee. Segue meno l’istinto e analizza le proprie fantasie sotto una luce critica. Questo processo di autocritica viene fatto in maniera costruttiva e permette di migliorare la stima di sé.
Tipo Cinque
Stress in sette.
Quando l’eremita esaurisce tutte le proprie risorse attinge a quelle negative del sette. Stacca completamente il contatto con la realtà perdendosi nella pianificazione di numerose attività. Diviene attivo ma in maniera non costruttiva, stordendosi in divertimenti, attività e piaceri eccessivi.
Riposo in otto.
In questa fase l’eremita assorbe le risorse positive dell’otto ovvero l’espressione della potenza, abbandona la teoria e passa all’azione. Avviene un’inversione, dal ricevere passa al dare. Prende contatto con la realtà che dal puro atteggiamento mentale passa al concreto.
Tipo Sei
Stress in tre.
Se un sei pensa di essere manipolato o riceve una grossa delusione, si dirige verso il tre: le paure lo fanno divenire servile e falso. Se avverte che il pericolo aumenta può tradire tutto e tutti celando la propria dote migliore che è la lealtà. Colma il proprio complesso di inferiorità sentendosi superiore divenendo un piccolo tiranno arrogante.
Riposo in nove.
In questa fase riesce a rapportarsi meglio con gli altri e vede le situazioni da angolazioni differenti rispetto alla sola negativa. Riesce a vivere la vita più serenamente e a fidarsi degli altri.
Tipo Sette
Stress in uno.
Se tutte le proprie risorse, per evitare il blocco, si esauriscono e non sono più efficaci, si dirige verso la compulsione dell’uno divenendo intollerante, permaloso e critico nei confronti di chi la pensa diversamente.
Riposo in cinque.
In questo cambio di strategia riesce ad andare nel proprio intimo, affrontando i propri incubi, riuscendo a capire che fuori vi sono false consolazioni mentre dentro sé vi è serenità. Questo gli consente di divenire più obiettivo e introspettivo prendendo consapevolezza e accettazione sull’aspetto duale della vita: felicità e tristezza, bontà e cattiveria, eventi fausti ed infausti.
Tipo Otto
Stress in cinque.
Se la paura di perdere il controllo si intensifica si dirige verso i lati negativi del cinque, cominciando a pensare a tutte le persone che ha colpito e ad eventuali ritorsioni da parte di queste. Perde la sua proverbiale forza e vede nemici ovunque.
Riposo in due.
Il lato positivo del due, riesce a placare la propria sete di potere portando allo scoperto il proprio lato tenero. In questa fase cerca di aiutare il prossimo. Riesce a capire che è importante sia essere padroni che servitori.
Tipo Nove
Stress in sei.
Se esaurisce le proprie risorse si dirige verso i lati negativi del sei aumentando la propria proverbiale pigrizia e affidandosi ad una persona autoritaria che gli dica esattamente cosa fare. Il tipo nove non ha meccanismi di difesa e ne compensa la mancanza aumentando la propria indolenza.
Riposo in tre.
In questa fase diviene più energico, costruttivo e produttivo, riuscendo a mettere meglio a fuoco situazioni ed obiettivi. Infatti riesce ad eseguire un gran numero di cose in breve tempo. Acquista fiducia in se stesso prendendo in mano la propria vita evitando di affidarsi agli altri. Attività e voglia di aiutare il prossimo si uniscono risvegliando in lui capacità innate ed energie sopite.
Non so se sono riuscito a mostrare bene le sfumature, ma l’intento è far capire come sia difficile fare analisi su sé stessi visto questi intrecci: chi siamo, le ali, dove tendiamo e in quali fasi.
Provateci, io personalmente ho fatto in passato errori perché non ho alzato l’asticella, ho ferito e fatto del male ad una persona che per me è stata, è e sarà sempre importante, perché? Perché nell’ambiguità sono andato in stress e, da buon enneatipo 6, sono sprofondato nei meandri negativi del profilo 3. Ne sono pentito ma, la cosa divina che tutti abbiamo, è la capacità di dirselo, di migliorare, di vedere il male e lasciarlo là, non cancellarlo, lasciarlo là, osservarlo per evitare si riproponga. E vedete, non serve capire le cause che portarono all’errore, questo è un tranello, la realtà è che non compresi l’emotività altrui cercando di preservare la mia. Questa consapevolezza non è farina del mio sacco ovviamente, da sola per lo meno, sono stato ispirato da un’intelligenza emotiva più alta, la N.1.
Chiudiamo questo lavoro con qualcosa di più frivolo, attraente.
Fermo restando che devo fidarmi di studi d’altri, voglio aiutarvi oltremodo a leggere i vari tipi con l’associazione a figure famose.
Tipo 1
Tipo 2
Tipo 3
Tipo 4
Tipo 5
Tipo 6
Tipo 7
Tipo 8
Tipo 9
Spero che chiunque abbia letto tutti blog, dal N 1 fino a questo conclusivo, abbia attinto qualcosa, qualcosa di utile, qualcosa su cui lavorare perché non esiste cosa più bella di capire chi si è e quale sia il nostro posto nel mondo oltre che essere compresi, a chi non piace, soprattutto l’ultima?
Se si ragionasse così su scala mondiale, la nostra società sarebbe migliore.
Vi lascio con un video, a mio avviso molto bello, un video con cui giocare prima di vederne il finale. Tu, cosa faresti al posto di quel ragazzo che è giunto in ritardo alla lezione?
Con questo blog si conclude il percorso di conoscenza specifica donata ad ogni profilo della torta chiamata enneagramma. Ricordo che la prossima settimana verrà redatto il documento conclusivo e riassuntivo che, unito a tutti gli articoli pregressi, spero aiuti a migliorare la comprensione dell’altro, di sè stessi. Oggi soprattutto ritengo sia essenziale.
Veniamo a noi, enneatipo 9: il mediatore. Tra tutte le personalità questa è quella più serena, quella che tende ad assecondare, non cerca mai il conflitto, stempera, disinnesca, crede che per essere amata e benvoluta serva essere comprensiva e che, assecondare, porti a lei benefici. Di conseguenza i Tipi Nove cercano l’armonia, sono calmi e radicati, stabili ed affabili, ma possono anche perdere di vista i propri bisogni, fuggire dai conflitti, essere testardi ed aver difficoltà a dire no. Ecco, il nodo distintivo sta qui: l’incapacità di dire la parola NO. Dire no significa prendere posizione, significa esprimersi e generare conflitti. I conflitti non sono le guerre, sono semplici distacchi empatici dall’altro perché non assecondano il suo pensiero. Queste persone non sono da etichettare come stupide, senza midollo, tutt’altro, sono persone buone, intelligenti, ritengono che vi sia qualcosa di più importante oltre l’orgoglio personale.
In questa società essere puliti, buoni, gentili e affabili porta a tradurre cotanta grandezza in debolezza. Parlo a te, enneatipo 9, lascia correre. Pensa ad altro, debole è chi vede in te debolezza, pensa a migliorare i tuoi lati oscuri.
Analizziamoli insieme:
La passione dominante del 9 è l’accidia intesa come mancanza di motivazione all’azione, indolenza, una sorta di perdita di interiorità, un rifiuto di vedere e una resistenza al cambiamento che, coniugati con un atteggiamento rassegnato e altruista, si traduce spesso in una sindrome da bontà d’animo, di comodo “realismo”, a volte così eccessivo da diventare grettezza. Spesso la sua acquiescenza al male e all’errore viene scambiata per tolleranza. Anche il 9 non ha imparato ad amarsi perché gli è mancato l’amore ma, a differenza di altri tipi, ha anche dimenticato la frustrazione subita, creandosi una specie di “callo psicologico”, cosa che fa di lui il meno sensibile e il più stoico di tutti i caratteri. Infatti nell’enneagramma è collocato di fronte agli ipersensibili 4 e 5.
I tipi 9 sono esattamente come descritti sopra, brava gente. Va da sè che possiedano un serbatoio di pazienza quasi infinito, quasi perché nulla e nessuno è infinito, è corretto asserire che la loro asticella della sopportazione è assai elevata ma, quando raggiunta, “si salvi chi può”. Avete presente i vulcani? La metafora figurata rende assai bene il concetto, accumuli che vengono rigettati con veemenza e tale forza che un tipo 8 sembrerebbe un coniglietto dinnanzi ad un grande lupo. I Nove devono portare consapevolezza, allo scopo di migliorare se stessi, lavorando sulla loro: cocciutaggine, ambivalenza, l’essere dimentichi dei propri bisogni, indecisione, evitamento del conflitto e la difficoltà a stabilire le priorità.
Il consiglio spassionato ai tipi 9 è: SFOGATEVI !!!
La boxe può aiutare, buttate fuori alla fine di ogni giornata gli accumuli nocivi, ciò che non riuscite caratterialmente a fare, evitate di arrivare al limite, provate a dire NO a qualcosa, qualcuno, uscite dalla vostra introversione che vi logora all’interno ed esponete il vostro dissenso, non tenetelo sempre dentro di voi. Altri con voi non useranno la stessa eleganza.
Avete presente quelle persone sicure di se, quelle che passano sopra i vostri sentimenti come caterpillar senza accorgersene, che trasmettono forza al sol guardarli? Ecco, questi sono tipi 8, figure associabili al termine “boss” che è diverso dal termine “leader”, non confondete le due parole.
Quando ho iniziato il mio personale percorso alla scoperta di me stesso, di primo acchito, il pensiero andò verso questo enneatipo. Nel tempo, grazie a confronti ed approfondimenti ho appreso che sono di altro stampo, perché per essere un tipo 8 devi essere estroverso, riuscire a vivere in solitudine, sfrontato e spesso senza cuore. Il mio opposto.
Il pensiero compulsivo di questo personaggio è: “Io sono superiore agli altri “.
La sua compulsione è quindi la ricerca di superiorità sugli altri. Questo personaggio è nato per essere il leader (deve capirlo però), il protettore, colui che provvede, colui che intraprende, la roccia. La persona potente, il tipo dominante: auto-confidente, deciso, pieno di volontà e che si confronta. La sua paura di base è di essere ferito o controllato dagli altri o sottomesso agli altri. Ha paura della violazione, la compulsione è quindi la ricerca di superiorità sugli altri. Gli archetipi 8 desiderano tenersi stretto il loro potere e prevalere a qualunque costo: diventano del tutto spietati, violenti, immorali e duri di cuore, sfidando il senso di colpa, la paura e ogni altro sentimento umano, dittatoriali e tirannici, aderiscono in toto al motto “la ragione è del più forte”, fanno propria la filosofia della “legge della giungla”. Cominciano a sviluppare idee fisse su se stessi (megalomania) sentendosi onnipotenti, invincibili, invulnerabili; si fanno sempre più temerari, espandendo eccessivamente le proprie risorse.
Il punto nevralgico su cui questi archetipi devono concentrarsi è la differenza tra l’essere “capo” o “leader”, perché la naturale tendenza è per la prima mentre hanno ogni arma per essere i secondi. Il loro punto debole è voler avere sempre ragione, per loro l’errore è d’altri mai ad essi imputabili. Mostrano i galloni sul petto, sono estremamente fastidiosi ed irritanti quando esplodono la loro parte peggiore ma, se in fase sana, riescono a guidare le folle, quasi sempre inducono all’emulazione.
Aree di sviluppo
Le aree dove gli Otto devono portare consapevolezza allo scopo di migliorare se stessi sono: gli eccessi, la rabbia, l’essere dominanti, l’eccessiva durezza e il timore della propria vulnerabilità. Partendo dalla loro passione lussuria, la loro debolezza sta nel non saper tollerare l’insoddisfazione, devono raggiungere la soddisfazione a ogni costo. Il consiglio dunque? RILASSATI !!! Ripetilo scandendo bene la parola, trova pace. Non sei il più bello, il più forte o il più tutto, sei parte di una torta più grande di te.
Lo so, essere un boss è come ricoprire la carica di portiere in una squadra di calcio, sei solo spesso e volentieri, ma non per questo serve sprigionare la tua aurea a casaccio per sentirti vivo, prova a dire ogni tanto “ho sbagliato, hai ragione tu”, prova a calarti nel gruppo e non viverci sopra, vedrai, è tanto salutare: “cosa?” – “essere leader”.
Cercavamo l’ottimista, quello sempre col sorriso, positivo, ricercatore assiduo del piacere?
Trovato, il tipo 7!
Siamo al cospetto di una personalità che si riconosce con grande semplicità rispetto ad altre. Come?
L’ immagine di Peter Pan aiuta tantissimo, ne troverai conferma nelle prossime righe:
I Sette usano la razionalizzazione per evitare di soffrire e mantenere un’immagine di sé che sia OK. Hanno la tendenza a vedere la vita attraverso una lente che rende tutto più bello e gli permette di riformulare ogni cosa in una prospettiva positiva. L’abitudine a pensare a nuove opzioni e possibilità permette ai Sette di lasciare il presente con tutte le sue limitazioni e vivere in quello che sembra un futuro senza limiti e barriere. I Sette sono veloci nel pensiero, spesso proiettati in avanti, sono tipi ottimisti e postivi con interessi in svariate e variegate attività. Evitano i limiti e danno priorità al divertimento in quelle che possono essere avventure, viaggi e interessi di natura sia pratica che intellettuale.
Avete presente quelle persone che comunque vada hanno disegnato il sorriso sul volto? Quelle che sono sempre in fibrillazione, creative, un laboratorio armonico di novità. Sono facili da individuare perché brillano di luce propria.
Perché fanno così? Per evitare la sofferenza e, per raggiungere l’obiettivo, si concentrano solo su di sé.
Hanno la tendenza a disperdere le proprie energie in molteplici attività, l’impazienza ed il non voler prendersi responsabilità per il timore di essere limitati, per cui, evitano i limiti e danno priorità al divertimento in quelle che possono essere avventure, viaggi e interessi di natura sia pratica che intellettuale. Possono diventare critici, frustrati e annoiati quando la realtà non incontra le loro aspettative e la loro visione.
Cosa dicono i Sette di sé stessi:
“La vita è un’avventura”;
“Cerco il divertimento e ho un’insaziabile appetito per nuove esperienze”;
“Sono un ottimista, pieno di energie e sempre attivo”;
“Non mi è facile prendere impegni perché questo mi fa sentire di limitare la mia possibilità di scegliere”;
“Odio i limiti e non sopporto la noia”.
Non a caso i tipi 7 hanno la passione Gola, un impulso irrefrenabile verso il piacere, edonistici.
A questo enneatipo non piace parlare né sentire parlare di dolore, questo aspetto è un tratto estremamente caratteristico. Gli viene spontaneo accantonare doveri brigosi, rispondere alla malinconia con un sorriso, sdrammatizzare momenti pesanti con battute divertenti in grado di alleggerire un clima opprimente. D’altronde la vera fonte dell’ironia non è la gioia, ma la tristezza. Questa tendenza ad evitare le difficoltà assume l’aspetto di un’eccessiva indulgenza, dove non è difficile trovare le scuse adatte per non accaparrarsi gli impegni, anche se questi talvolta sono inevitabili. Dunque l’atteggiamento diventa quello di chi si sacrifica, generando anche reazioni esplosive qualora gli sforzi compiuti non vengano riconosciuti. Un Sette è infatti piuttosto individualista, non di rado fino a livelli narcisistici, per cui sente che le sue intuizioni sono sempre al di sopra di quelle altrui e soprattutto dell’ordine costituito. Questo lo porta ad avere una propensione alla ribellione, poiché difficilmente accetterà di seguire le direttive di un’altra persona o di essere sottomesso alla volontà di chi non lascia sufficiente spazio alla creatività.
Il suo problema è che questo tipo è condannato a volere sempre di più e a non averne mai abbastanza, come se il piacere fosse per lui una droga che lo porta a cedere ad ogni tentazione. Perciò non prende mai nulla sul serio e si lascia guidare dalla vulnerabilità del momento, purchè l’esperienza non duri troppo a lungo, altrimenti implicherebbe una costanza che non gli è affatto confacente. Questo modo di fare è giustificato dal fatto che non sia lui a decidere di assecondare determinati vizi, ma che egli ne sia dominato e dal fatto che, grazie alla sua autoindulgenza e al disinteresse per la morale, per lui tutto è lecito.
Quando sotto stress tende ad essere narcisista, impulsivo, possessivo, auto-distruttivo e superficiale.
Profilo interessante, non trovate? Nella mia personalissima esperienza di rapporto con enneatipi di questo genere posso ridurre ad una solo riflessione il mio pensiero: “ogni tanto e a piccole dosi”. Perché? Sono profili che danno la scossa, donano allegria e gioia di vivere ma una dose eccessiva, come tutto, stanca. Credo sia lo spunto di miglioramento da lasciare a chi si riconoscesse in questo tipo, fare attenzione nel dosare cotanta energia, non solo per soddisfare la propria sete allegorica di vivere fuori dagli schemi, ma soprattutto nel fare attenzione a come possa venire colta: superficialità ed inutile divagazione. Più che altro come voglia di evitare di pigliarsi responsabilità e rifugiarsi in mondo immaginario che solo loro vedono, un mondo a cui tu, N. 7, dovresti permettere anche ad altri di vedere, solo così saresti un vero sorriso.
L’Enneatipo 6 possiamo associarlo metaforicamente alla figura di un soldato. Le caratteristiche che distinguono questo profilo da altri si fonda sulla lealtà e rifiuto della devianza. E’ importante partire dalla passione del numero sei, la paura. Essa accompagna in ogni dove i 6, è la pulsione più forte. Identifichiamo la parola paura, ci sono tanti tipi, ad esempio la paura di restare soli, oppure la paura di essere visti diversamente da come si è, di perdere qualcosa o qualcuno. Vedete, la paura non è intesa come la si potrebbe percepire, uno shock, ma come uno stato mentale persistente che condiziona i comportamenti.
Come scritto sopra, ciò che rende forte e fiero di sé il tipo 6 è la lealtà ma essa potrebbe essere storpiata quando è sotto stress, potrebbe tendere a farlo diventare iperattivo e contemporaneamente falso e servile, a rischio di tradire la sua stessa natura leale. Con ciò non significa che la cosa sia voluta ma reazione all’ambiguità che non ama, quando sposa una linea, un’idea, una figura di riferimento, un capo, un partner né diventa fedele servitore acritico con tendenza al fanatismo.
È rispettoso delle regole e delle tradizioni che utilizza come forti punti di riferimento. È tendenzialmente un pessimista e non si fida degli altri, soprattutto degli sconosciuti, è diffidente e sospettoso.
Il tipo 6 nel suo atteggiamento potrà apparire di due opposte entità:
Il fobico, che appare palesemente pauroso e che rifugge ostentatamente il rischio;
Il controfobico che invece si lancia in tutte le situazioni di rischio, di azzardo, cercando di esorcizzare la paura, senza però riuscirvi mai.
Indizi d’infanzia possono dire che il profilo 6 ha vissuto con genitori o figure di riferimento apparentemente fredde e senza sentimenti espressi, oppure violenti e imprevedibili. Spesso veniva punito senza motivo o giustificazione. Avverte tutto come una possibile minaccia e tende ad analizzare gli altri alla continua ricerca di trucchi e falsità messi in atto per ingannarlo.
L’Enneatipo 6 è un procrastinatore e rifugge il successo perché ciò lo esporrebbe a possibili critiche o persecuzioni, cose che teme all’inverosimile. Privilegia occupazioni dove sia presente una forte e chiara linea gerarchica ove egli non rivestirà mai posizioni di supremazia ma potrà essere un ottimo gregario, fidato e puntuale nei confronti di un capo forte e determinato che gli trasmetta sicurezza.
Quando è integrato ed a “riposo”, a suo agio, l’Enneatipo 6 riesce a comprendere bene le persone che ha attorno e ad essere un buon diplomatico e sul lavoro un ottimo gregario, preciso e puntuale, un perfetto soldato come detto in principio. È stimolato dalle persone forti e decise con modalità espressiva di tipo indicatorio.
Dotato di grande coraggio che nasce dalla passione paura, soprattutto per i controfobici.
Come interagire con l’Enneatipo 6:
Rispettate le regole ai suoi occhi: il 6 ha bisogno di sapere che è tutto regolare e che su di voi può fare affidamento. Evitate di trasgredire le regole di civile convivenza;
Applicate la logica e non l’emotività: ama la comunicazione razionale ed è spiazzato dalla discussione emotiva. La pacca sulla spalla e la domanda: «Ti fidi di me, giusto?» lo fa andare in ansia e avvia la sua diffidenza;
Ponetevi positivamente nei suoi riguardi: essendo pessimisti e fatalisti, amano le persone che li incoraggiano e li stimano;
Fatelo sentire parte di un team: se si sente parte di un gruppo coalizzato, da’ il meglio di se’. Evitate di farlo sentire escluso;
Se deve scegliere, non dategli troppe opzioni: per ognuna di esse inizierà una opera di indagine che aumenterà la sua già forte ansia;
Le cose nuove devono essere ben presentate e sicure: non amando le novità e le trasgressioni alla tradizione, ha necessità di avere informazioni che lo convincano che l’adozione di quelle novità sia adeguata e che la sua sicurezza sarà comunque preservata;
Non dategli delle scadenze stringenti: il dover fare le cose di fretta, a costo di violare le conformità, non fa altro che metterlo in avaria;
Come la Paura sia, forse, il più tenace e pervadente sentimento umano e, correlativamente, come l’esempio e la rassicurazione di una figura autorevole sia sempre per un Sei una benedizione che può sopire qualunque Paura e condurlo fino ai gradi più elevati della trascendenza.
Questo enneatipo è dotato di acuta intelligenza, perspicace, preparato e collaborativo. Tutte queste doti esplodono quando è in fase attiva e rilassata, quando si sente parte di qualcosa. Un sei se non sente calore, coinvolgimento, esce dalla bellezza della sua natura e inizia ad entrare in stress, diventa di conseguenza: irresponsabile, ottuso, improvvisato, disfattista, scellerato.
Non è facile da capire, spesso un profilo come questo si trova come tutti nell’ambiguità ed è il meno indicato nel viverci. Per questa ragione potrà sembrare falso in talune situazioni, la ragione è l’ambiente inadeguato a non fornirgli certezze che ne storpia l’atteggiamento reale. Al numero 6 serve realtà, praticità e una spalla con cui condividere quella specifica esperienza ma, attenzione, se affiancato, se mentalmente parte di un progetto, nessun enneatipo ne eguaglia la determinazione e forza nel perseguire i propri ideali.
Consigli per il TIPO6
Un cammino di crescita per la personalità 6 può essere riassunta nei seguenti punti:
Ricordatevi che non c’è niente di straordinario nell’essere ansiosi, dato che tutti lo sono. Imparate ad utilizzare la vostra ansia e a venire a patti con essa;
Cercate di non stare sulle difensive e di non essere irascibili. Non incolpate gli altri per cose che voi stessi avete fatto o determinato. Resistete alla tendenza di pensare negativo e di piagnucolare;
Imparate ad identificare ciò che vi porta ad iperagire. Le cose non sono così nere come le dipingete e molte le avete attirate voi col vostro atteggiamento;
Sforzatevi di fidarvi di più ed entrate in intimità, correte il rischio di essere rifiutati, ne vale la pena. Rivelate alle persone quali sono i vostri sentimenti nei loro riguardi;
L’opinione che gli altri si sono fatti di voi è migliore di quanto non pensiate. Siete voi ad avere paure ingiustificate;
Accettate le responsabilità con più maturità. La gente rispetta chi si assume le responsabilità specialmente se ha commesso un errore;
Non potrete mai sentirvi sicuri se non sarete SICURI DI VOI STESSI. Dovrete concentrarvi sull’obiettivo di affermare voi stessi, sviluppando un’autentica fiducia nelle vostre capacità. Sviluppate buone ragioni per aver fiducia nelle vostre capacità;
Non adorate l’autorità e non nascondetevi dietro l’atteggiamento di chi dice: “Stavo solo obbedendo agli ordini”. Non ingraziatevi coloro che comandano, se qualcuno cerca un gregario non offritevi voi;
Non lanciate comunicazioni ambigue sui vostri atteggiamenti e desideri. Siate leali con gli altri e dite ciò che vi passa per la mente. Evitate che vi prendano per persone svenevoli, indecise, sempre sulle difensive;
Parlate francamente con chi detiene l’autorità (capufficio o qualcuno di cui vi serva l’aiuto e la benevolenza). Se parlate francamente però non diventate ostili e bellicosi. Cercate di mantenere un equilibrio delle vostre emozioni.
Come scritto nei precedenti blog nel viaggio alla scoperta dell’enneagramma, la mia personalità rispecchia il tipo 6, un 6 controfobico. Ne ero certo, oggi ancor di più. Le esperienze, il fermarsi e riguardarsi, aiuta a capirsi. Il passaggio più difficile è rendersi la parte migliore di ciò che si è, ma questa la considero utopia. Mi spiego meglio. C’è sempre un po’ di bene e di male in ognuno, nel corso della vita emerge un po’ l’uno e po’ l’altro, l’importante è decidere chi si vuol far vincere. Io ho scelto Te, il bene, e lavorerò perché mi renda una persona migliore di quella che sono stata.
Enneatipo 5, il saggio, l’osservatore, aggiungete qualunque caratteristica similare tanto andrà bene. Con questo profilo lasciamo l’area “di pancia” per entrare in quella intellettuale, di testa.
Chi vi appartiene è orientato al sostegno e alla direzione, vuole imparare e comprendere il funzionamento e l’essenza delle cose e della vita. Il suo valore essenziale è un mondo vero e trasparente, ama esplorare e conoscere, ha intuizioni brillanti e ama vivere nella verità. Tende a farsi assorbire da ciò che cattura il suo interesse, è originale, giocoso e paziente.
Il 5 ama molto la sua privacy, non gli sfugge nulla di quanto accade fuori; sono sempre informati di tutti e di tutto, a loro piace sapere in anticipo ciò che accadrà, perché colgono negli eventi della vita un significato segreto. Lentamente sviluppano dentro la perla più preziosa. Generalmente hanno un’indole tranquilla, sono gentili e di buona educazione, profondi ed intensi, intuitivi e curiosi, introversi e buon osservatori; frase tipo nella loro testa: “se appaio cerebrale e freddo, non è perché non sono dotato di sensibilità, anzi, ne ho da vendere, ma è solo perché mi voglio proteggere”. E ancora: “Mi piacerebbe appropriarmi delle chiavi del Sapere più profondo e per fare questo mi dedico a raccogliere informazioni. Sono molto preparato intellettualmente, anche se poi non mi sento mai abbastanza competente, e per questo mi colpevolizzo. Mi identifico con quello che conosco, non con i miei sentimenti, pianifico tutto per non sentirmi vulnerabile”.
Il tipo 5 nella fase bassa ha bisogno di isolarsi e nascondersi. Teme che non troverà mai un posto nel mondo o con le persone, è molto instabile, impulsivo e impaurito dalle aggressioni, allontana e respinge tutti gli attaccamenti sociali e rifiuta l’aiuto. Si sente un alieno, assediato e senza difese, sopraffatto da tutto, in una vita senza senso e senza aspettative. E’ ossessionato e spaventato da percezioni distorte, fobie e fantasie nere. “Accumulare conoscenza, è il mio modo di stare lontano dal timore di sentirmi svuotato. Le mie elaborazioni le faccio in solitudine e riducendo al minimo i contatti con gli altri dai quali non voglio sentirmi invaso perché i miei spazi privati, per me, sono vitali”.
Siamo al cospetto di un buon ascoltatore, che non si lascia condizionare dalle altrui opinioni.
Il suo motto: “Vorrei che gli altri sentissero la mia forza e vendicarmi nei confronti di chi mi ha fatto sentire piccolo ed insignificante”. Ha la passione avarizia, nei suoi confronti, avarizia intellettuale; si tratta comunque di una forma di difesa che nasce dal non voler dipendere da nessuno e dal voler provvedere da solo alle proprie necessità e forse perché ha subito delle separazioni traumatiche da bambino. Un altro problema è che può perdere il contatto con la realtà e mancare di pianificazioni costruttive.
Se sono in perfomance vivono il mondo esterno con slancio, passione e senza paure e sono capaci di esprimere le loro opinioni agli altri, di giovare sia a loro che al prossimo facendo dono della conoscenza.
PER ANDARE D’ACCORDO CON ME:
Devi essere indipendente e non invadente;
Devi dirmi che con te sono al sicuro;
Parlami in modo schietto e conciso;
Lasciami i miei spazi per poter elaborare i miei pensieri e i miei sentimenti;
Tieni presente che se ti sembro indifferente, distante o scostante, può essere che io mi senta a disagio;
Fammi sentire accettato, ma non esagerare, potrei dubitare della tua sincerità;
Se mi innervosisco quando devo ripetere le cose, è perché è già stato uno sforzo per me tirare fuori quello che penso;
Aiutami ad evitare quello che odio di più: feste, musica a tutto volume, emozioni eccessive ed intrusioni nella mia privacy;
Non venirmi addosso come un bulldozer;
Rispetta il mio bisogno di isolarmi un po’.
Caratteristiche:
preferisco prendere piuttosto che dare;
sono un buon osservatore;
amo la logica;
sono indipendente, solitario ed introverso;
i drammi sono affari da persone inferiori;
non ho bisogno di nessuno;
non mi piace avere troppa gente tra i piedi;
nascondo agli altri il mio sentire;
mi piace tenere le amicizie separate tra loro;
credo che gli altri siano un po’ stupidi ed ottusi, perche’ non sanno quello che io so.
Consigli:
E’ difficile darti consigli, per farlo dovrei sottostare al gioco dell’ostrica e mettere davanti alla fessurina dei granelli di idee, dei chicchi di suggerimenti mascherati da sabbia oceanica. Lasciami dire però una cosa: la conoscenza, quella vera, non sempre passa attraverso i meandri cerebrali e le attivazioni neuronali, spesso è molto più istintiva ed immediata di quanto tu possa credere: “L’uomo solo è in compagnia del diavolo”. I Tipi Cinque credono che per sopravvivere ci si debba proteggere da un mondo che chiede troppo e dà troppo poco. Di conseguenza i Cinque cercano l’auto-sufficienza e chiedono poco, sono analitici, pensierosi e riservati ma possono anche essere parchi nel dare, distaccati emotivamente ed eccessivamente preoccupati per la loro privacy.
Dove va l’attenzione:
L’attenzione dei Cinque va all’esterno, all’osservazione e scansione del mondo, al pensare e al compartimentare, al distacco allo scopo di ridurre le emozioni, all’essere indipendenti e al non essere invasi nel proprio spazio.
Le forze da cui attingere, per cui i 5 sono top: l’essere studiosi, ricercatori, dotti, distaccati e scevri di emozioni, calmi nelle crisi, rispettosi, riservati nelle confidenze, apprezzano la frugalità e la semplicità, affidabili ed ascetici.
Aree di sviluppo:
Le aree dove i Cinque devono portare consapevolezza allo scopo di migliorare se stessi passano per il distacco fisico ed emotivo usato come strategia difensiva, l’eccesso intellettivo, l’isolamento, il dare troppo peso al pensiero, l’essere freddi e trattenuti. Può essere un distacco fisico dalle altre persone ma anche un “ritiro” nella propria mente per distaccarsi dalle proprie emozioni. I Cinque usano il Distacco per evitare di sentire il vuoto interiore e per mantenere la propria immagine del sé di essere dotto e ben informato. La raccolta di informazioni diventa un modo di creare sicurezza e valore personale, inoltre, l’eccessiva enfasi data all’intelletto previene i Cinque dall’entrare in contatto con la forza vitale del proprio corpo ed il supporto proveniente dalle relazioni con gli altri.
A seguito della loro focalizzazione sull’acquisire sempre maggiore conoscenza, i Cinque sono spesso studiosi o tecnici esperti dotati di acuta perspicacia e abilità analitiche. Necessitano di spazi propri e privacy perché spesso avvertono il mondo e le persone come elementi intrusivi. Il distacco dagli altri e dalle proprie pulsioni emotive, crea nei Cinque un senso di libertà personale ma può anche portare alla solitudine. I Cinque per crescere devono apprendere a bilanciare la loro tendenza al ritirarsi o trattenersi, andando verso gli altri anche se questo può significare uscire dalla propria area di confort ed entrare in conflitto.
E’ un profilo a me vicino. Come già enunciato, dopo uno studio profondo su me stesso, dopo confronti con professionisti, dopo aver “vissuto insieme” a loro molti momenti d’aula, il mio enneatipo è il numero 6 con ala in 5. Nell’ultimo blog riepilogativo, terminata la disamina del numero 9, andremo ad analizzare le ali dei vari profili e non solo, le tendenze in fase di stress e di forza di ogni enneatipo, capiremo insieme perché il numero 5, ad esempio, in fase di performance tende a caratteristiche del numero 8 e in fase di stress al numero 7. Questa la ragione per cui spesso si fatica a riconoscersi, tutti abbiamo qualcosa di tutto, indoli differenti in base al momento di vita, ma la base resta.
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