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LA VENDITA : Motivazione+ Influenza+Persuasione=ARTE

LA VENDITA : Motivazione+ Influenza+Persuasione=ARTE

In questo nuovo articolo parliamo di arte. La vendita.

Ci sono molti tipi di arti, spesso a questo termine si associa un qualcosa di materiale, il che non è sbagliato, ma quella che voglio descrivere nel  blog di oggi è lei, la vendita.

Come mia abitudine, prima la definizione: la vendita è il trasferimento di un bene, diritto, idea a terzi in cambio di un determinato prezzo.

Mi piace spiegare le cose in maniera tale che si capisca ciò che scrivo, non sono geloso di ciò che so, non devo venderlo, ma voglio vendere l’idea di Me come persona seria, preparata ed affidabile, aiutando chi entra in contatto con me a capire una cosa nuova oppure affinare una propria conoscenza .

Veniamo a noi, riguardate la definizione, notate come ci sia un prezzo da pagare. Ovvio, parliamo di vendita! Certo, vorrei fosse chiaro, però,  che questo prezzo non è da decodificare solo in moneta.

Pensate ad un leader che deve far fare un’azione ad un collaboratore perché raggiunga gli obiettivi, in quel singolo frangente non vi è scambio di denaro, c’è la vendita di un’idea.

Ritengo personalmente sia più complesso vendere un’idea che un bene. Un bene talvolta si vende da solo, un’idea non esiste dunque bisogna essere bravi a entrare nella sfera emotiva, ancor più che per un bene materiale, farla immaginare come buona, disegnarla ad arte !

Entriamo dunque in argomenti più scientifici, il nostro cervello è diviso in tre grandi aree:

  • Old brain, le decisioni;
  • Middle brain, l’emozione;
  • New brain, la razionalità.

Va da sé che una comunicazione debba essere:

  • Logica;
  • Motivazionale;
  • D’azione.

Esempi per tipo:

Logica

Signor Rossi, i nostri corsi sono sviluppati per trasformarla in venditore professionista nel giro di 30 giorni. Le statistiche indicano chiaramente che l’88% dei partecipanti al nostro corso di vendita e che hanno seguito il programma di studio e allenamento hanno incrementato le loro vendite almeno del 45%. I dati sono disponibili sul nostro sito e se lo desidera può contattare anche alcuni tra i nostri clienti che abitano nella sua stessa città.

Motivazione

Immagini come sarà la sua vita fra poco più di un mese. Potrà finalmente avere il denaro necessario per i nuovi investimenti aziendali e magari mettere al posto suo un’altra persona mentre lei si gode un po’ di relax.

Richiesta D’azione

Ma non basta! Non deve pagare adesso. Mi basta solamente la sua parola. Potrà versare la prima delle 5 rate a partire dal mese prossimo. Va bene? Metta una firmetta qui…

Immaginatele slegate, e non consequenziali come dovrebbero essere, avrebbero efficacia da sole?L’esempio scelto è la vendita di un corso di formazione, molto difficile, perché è una di quelle cose che “compri” e non tocchi.

Vedete, non è cosi banale ma se riflettete tutti siamo venditori. Certo, livelli differenti  generano  professionisti, coach, top player ecc… ma ognuno ha in sé questa dote perché chiunque si relaziona. Chi dice “non sono un venditore” mente ! Ha solo paura di affrontare un mondo, un’arte, assai complessa e difficile. Come nel gioco del calcio, tutti sono capaci di dare un calcio al pallone, pochi sanno mandarlo dove vogliono, pochissimi hanno successo grazie ad esso. Ma un calcio sappiamo darlo tutti.

Di cosa mi occupo io? Sono agente immobiliare, con specifiche skills nella gestione delle risorse umane, e vendo un servizio. Sì, un servizio. Una casa la vende il proprietario all’acquirente, Io, vendo  loro l’idea che farlo con me sia meglio.

Ne avevo già parlato in altro blog, ormai vetusto, dunque mi ripeto. Il segreto per vendere meglio ?

ASCOLTATE il vostro interlocutore, vi dirà lui cosa desidera. Poche domande, giuste, chiare e di supporto nel dialogo e poi tanto ascolto. Se seguirete questo, apparentemente banale, consiglio avrete in mano un’arma sfolgorante.

Il venditore forte ascolta più di parlare, diciamo l’80% / 20%, ascolta, capisce, prepara le poche parole per arrivare all’obiettivo. Chi parla tanto,  sebbene l’immaginario comune non sarà d’accordo con me, è un pessimo venditore!

Ci sarebbe da dire ancora tanto di quest’arte, lascio ai coach professionisti questo compito, ho scelto le cose che in un breve spazio potessero far capire, oltre i luoghi comuni, come rispettare la vendita e far capire che è in noi, in mezzo a noi, e non è possibile eluderla.

Riuscireste a respirare senza aria?

Davide Bosisio

Relazioni: il Feedback

Cosa si intende per feedback precisamente?

Il feedback è tecnicamente un ritorno di informazioni in un processo di comunicazione tra due persone teso all’individuazione oggettiva di un comportamento, al fine di modificare o rinforzare il comportamento stesso.

In pratica il feedback consente alle persone e alle organizzazioni di funzionare bene, di funzionare meglio, perché dà indicazioni precise (o almeno così dovrebbe essere) su come migliorare.

Per essere buono, un feedback deve essere prima di tutto oggettivo, e non basarsi su pregiudizi o simpatie. Il suo obiettivo è infatti quello di apportare un miglioramento, non di dare un voto. È necessario che chi dà un feedback (generalmente il datore di lavoro, un capo, un superiore) sia capace di formularlo nella maniera più corretta  e che chi lo riceve (il dipendente) sappia accettarlo.

Il tema della Leadership è uno dei più diffusi in ambito manageriale per il semplice fatto che negli anni si è appreso sempre di più che saper gestire e guidare le persone, conoscendo i meccanismi interiori che portano a creare risultati aziendali, è molto più produttivo per l’azienda oltre a creare un clima che giova al benessere delle persone stesse sia a livello di collaboratori che di management.

L’atto comunicativo più frequente con cui un manager si confronta nel quotidiano è dare feedback, cioè esprimere pareri sull’operato dei propri collaboratori, ed è così frequente che spesso viene svolto in automatico, d’istinto o senza darvi troppo peso nella maggior parte dei casi, perché convinti di saper come fare per esperienza pregressa.

Quando il feedback è dato in modo errato

Se il feedback non viene dato nel modo giusto può essere percepito come una critica dalla persona che lo riceve perché la persona si chiude in se stessa e tende a non collaborare inconsciamente e se lo fa, lo fa perché obbligato, probabilmente nel modo peggiore che possa farlo.

Nel processo di crescita di una persona il feedback può giocare un ruolo fondamentale ed è lo strumento per eccellenza che permette di focalizzare le aree di miglioramento sulle quali lavorare. Dunque non è un’opinione ma è qualcosa che ha strettamente a che fare con i comportamenti e con le emozioni della persone, più ci si concentra sul comportamento della singola persona (e non sulla persona stessa) più questo è efficace.

Feedback positivo o di rinforzo

Spesso i capi hanno la tendenza a sopravvalutare le lodi che mettono in atto rispetto alla reale percezione dei dipendenti (e quello che vale è il percepito nei rapporti umani).

Molti manager oggi pensano che dare feedback positivi sia facoltativo ma questo è un errore.

Un altro motivo valido per lodare può essere semplicemente un metodo per migliorare il rapporto e la stima reciproca verso il collaboratore. Così come i genitori con i figli è bene che tengano presente che a volte rafforzare costantemente i comportamenti positivi può essere più efficace che cercare di modificare quelli non positivi, questo vale anche nel mondo del lavoro e con i propri collaboratori di vario grado o colleghi .

Per farlo in modo ottimale è indispensabile che la comunicazione non verbale e para-verbale sia del tutto congruente con quella verbale.

La P.N.L. o Programmazione Neuro Linguistica (la disciplina che studia modelli di successo e quanto il linguaggio, gli schemi di pensiero influenzino comportamenti e risultati) insegna che la comunicazione verbale deve essere assolutamente coerente con quella non verbale (gesti, atteggiamenti, mimica facciale ecc.) e para-verbale (tono , volume, ritmo di voce ecc). Questo è molto importante perché anche una frase di incoraggiamento, detta distrattamente e senza la giusta attenzione, può essere presa in senso opposto o addirittura come una critica, dato che spesso il linguaggio del corpo ed il tono della voce viene percepito in modo più potente dalle parole stesse. Quindi è corretto riporre la giusta attenzione anche nel dare un feedback positivo affinché questo sia davvero efficace.

C’è poi un tipo di feedback positivo che rinforza particolarmente la sponsorship positiva (termine che in P.N.L. indica la capacità di rafforzare un senso di identità e di autostima nelle persone) . Questo risulta utile spesso, ma in alcuni casi, dire ripetutamente ad alcuni collaboratori, specie se appena nominati e sospettati di avere una scarsa autostima, “tu sei bravo in…” ad esempio, può servire enormemente a rafforzare quel senso di incertezza e di indecisione che limita l’impegno di questo tipo di persone.

Non è da trascurare il feedback in ambito puramente relazionale, venditore-cliente ad esempio, nel senso che se in un appuntamento di vendita non si dà attenzione alla comunicazione, porterà a lavorare, ed investire tempo, su una trattativa che non nascerà mai. Cosa voglio dire? Chi lavora in ambito commerciale è al corrente che se non si approfondiscono segnali legati a dubbi, che spesso sono rappresentati da feedback non verbali o mezze frasi apparentemente di poca rilevanza, ci si ritroverà a girare a vuoto. Questo atteggiamento nasce dalla volontà di evitare di ricevere sul nascere feedback negativi, che invece sono determinati. Se una trattativa poggia su queste basi, non potrà che tramontare, allora è meglio saperlo subito per investire il proprio tempo in altro e far si che sia maggiormente produttivo.

Sento molto questo argomento perché, in passato, ho sofferto di questa “sindrome” di lasciar correre tanto poi… Ho imparato a mie spese quanto sia invece utile sapere e dialogare correttamente per poter fare previsionali quanto più realistici e usare il mio tempo per creare valore e benessere per me e chi è con me.

Dimenticavo, una regolina ormai nota ai più ma solo a livello conoscitivo e non applicativo, elogiate in pubblico e criticate in privato !!!

Davide Bosisio

Relazioni: il Feedback
L’ARTE DELLA COMUNICAZIONE

L’ARTE DELLA COMUNICAZIONE

Comunicare, una delle più antiche arti dell’umanità che oggi, nella civiltà moderna,  è diventato strumento imprescindibile usato nelle forme più variegate e in maniera sempre migliore, in continua evoluzione.

Diamo come sempre una definizione all’oggetto per facilitarne l’analisi: la comunicazione si può definire come uno scambio di informazioni che avviene tra due o più individui con la finalità di emettere e ricevere segnali in un processo dinamico tra i soggetti coinvolti.

Bene, detto ciò, quello che volevo oggi condividere era l’analisi della comunicazione e l’importanza di utilizzarla nei modi corretti, o meglio, sbagliando il meno possibile capendo quando e quale usare nelle diverse circostanze di vita.

Partiamo dall’elencare le forme:

  • Verbale;
  • Non verbale.

Verbale:

Fa riferimento al suono, all’emissione di un rumore decifrato da un linguaggio che permette di far intendere nella traduzione l’immagine della cosa. Davide sì più semplice. D’accordo, facciamo un gioco. Se vi dicessi la parola “porta”, ditemi cosa immaginate. La porta è una porta ma può essere in legno, in cristallo, battente, a scomparsa o come vi piace di più. Vedete, molte interpretazioni della stessa cosa. Se volessi migliorare ciò che dico dovrei dire, porta in legno, si ma poi parte l’immaginazione, chi la vede scura, chi chiara e via via via… Allora non ne usciamo più, direte, non è vero perché l’abile comunicatore chiede sempre un feedback al ricevente per verificare lo stato di comprensione, fa un riepilogo, una domanda.

Non verbale:

Legato a tutto ciò che fa capo a gestualità, postura, viso, occhi. Tutto ciò che comunica senza l’uso vocale. Non si dice che parlano più due occhi che mille parole? No, è mia, ma è vera dai…

Riflettete in onestà, sarà capitato a tutti di incontrare una persona che la prima frase che dice è “come và?” se la risposta fosse data a petto in fuori, con un sorriso smagliante, guardando negli occhi l’interlocutore convenite diventi superflua la risposta? Cosi come se rispondessi “tutto bene” ma sbuffando, ingobbendomi con un tono sommesso. Ma chi ci crede che va tutto bene?

Ancora oggi molti pensano che la comunicazione verbale sia la principale, o per lo meno quella più efficacie. Con ciò non voglio essere ironico a riguardo, ma permettetemi d’esser perplesso. Avete mai riflettuto sulle diversità nel comunicare tra due persone che in un primo step dialogano l’uno dinnanzi all’altro e poi , agli stessi due soggetti , imporgli una comunicazione telefonica e poi, peggio ancora, scritta.

I soggetti sono i medesimi, ma perché la tendenza è quella di valorizzare il primo esempio? Perché rispetto agli altri il ricevente, colui che ascolta, percepisce in maniera differente i segnali che chi parla vuole far arrivare, ma non grazie al “verbo”,  ma per merito del linguaggio non verbale. La gestualità, il viso, gli occhi, la postura comunicano all’80% del totale per cui diventa maggiormente penetrante il messaggio che si vuol far passare, ci si rende conto meglio di chi abbiamo difronte, delle sue esigenze, del suo stato d’animo perché in un flusso inverso ci arrivano informazioni,  non verbali per l’appunto.

Comunicare in forma telefonica, invece, manca della “fisicità” e infatti è assai più complesso, la riprova di quanto sia vero quanto scritto fonda le sue basi sulla mancanza dell’uso del corpo ma permette per lo meno di immaginare lo stato d’animo o interesse del ricevente da sensazioni legate alla voce. Un esempio, non vi è mai capitato di parlare al telefono e percepire lo stato della persona, addirittura la sua postura senza vederla? Si dai, tutto ciò non perché fosse esplicitato o perché siate da etichettare come il nuovo Messia  ma perché percepite dal suono vocale uno stato d’animo. Per la complessità, esistono scuole d’addestramento per una migliore comunicazione telefonica, tanto per.

Scrivere è lo strumento che considero  più complesso perché manca qualunque tipo di feedback di ritorno e spesso gli equivoci si sprecano. A me è sempre stato insegnato, riguardo questo stile, di usare lo scritto solo per comunicazioni di servizio. Un problema , un sentimento, una strategia  non devono essere trattati in questa modalità perché certe circostanze meritano la migliore comunicazione. Le aziende di spessore fanno gruppi di lavoro per concertare come muoversi, non se le scrivono. Spezziamo una lancia a favore però di questo stile, aiuta a sentirsi meno esposti  e quindi ognuno di noi predilige proteggersi.  E’ nella nostra natura. E’ lecito, da non discriminare, ma se si vuole migliorare bisogna cambiare, o meglio, adottare lo stile più corretto alla fattispecie concreta , solo così si potrà “riveder le stelle” come cita un’importante campagna pubblicitaria.

Ci sarebbe da dire e scrivere tanto, mi fermo qui se no mi ammoniscono dicendomi che annoio, dunque spero di aver fatto arrivare un messaggio che dia spunti di riflessione.

Concludo questo blog come sempre parlando di noi, Spaziourbano !!!

Per una migliore comunicazione della nostra caratura stiamo lavorando sodo alla creazione del nuovo sito, più adatto a come siamo oggi e a come vorremmo comunicare. Per cui vi lascio con questa anteprima, perché quando sarà pronto lo sapranno in molti, vogliamo veicolarlo e farlo comunicare utilizzando i media come mai prima d’ora….

 

Un caro saluto

 

Davide Bosisio

I colloqui individuali

Finalmente sono arrivato a scrivere dei colloqui individuali ! Felice? Certo, credo siano lo strumento migliore, o centrale, nella gestione delle risorse umane.

Innanzitutto partiamo con dare una definizione, Il colloquio individuale tra manager e collaboratore è un momento fondamentale per stabilire un’alleanza che possa contribuire al raggiungimento degli obiettivi.

Può andare? Comprensibile?

Se sì vuol dire che iniziate a subirne il fascino. Attenzione, è uno strumento di management per cui esistono regole ferree che se non ottemperate potrebbero ritorcersi contro.

Analizziamole suvvia…

Un colloquio va preparato, non mi sveglio la mattina e dico “ ho un paio d’ore libere come le riempio? Ma sì, un paio di colloqui individuali”. Evita, vai a berti un caffè al bar e leggi la gazzetta piuttosto.

Questo strumento prevede una preparazione biforcuta, di ciò che desideri discutere con preparazione attraverso la lettura delle statistiche della risorsa in questione e l’avviso, un giorno o più prima, al collaboratore/trice.

Vediamo quali sono le ragioni perchè prepararsi è fondamentale in ogni cosa, siete d’accordo? Un colloquio può avere più argomenti, si sceglie quello valido in questa o quella fase e lo si prepara. Come? Normalmente le statistiche e le memorie dei vecchi incontri aiutano indiscutibilmente. Un inciso per le statistiche, prediligete quelle, oltre puramente numeriche, a grafico per analizzare i trand. Per appurare una crescita o contrazione. Le cose “disegnate” attirano l’attenzione, sono gradevoli da guardare, facili e soprattutto sono SINCERE.

L’avviso al collaboratore/trice, molto importante, ditelo come volete ma d’obbligo inserire nella frase “non è un incontro punitivo” perché? Perché quando andrete a dare questo appuntamento dall’altra parte si alzerà naturalmente la guardia, se iniziate con il piede giusto invece sarà più morbida.

Lo scopo di un colloquio è capire il perché delle cose, delle azioni, di sentimenti e canalizzarli in una nuova strategia volta agli obiettivi. Se non comprendi il tuo interlocutore agirai per tue convinzioni o stereotipi e probabilmente fallirai nel rapporto. Introduciamo dunque la parola ascolto. In un colloquio bisogna ascoltare. Ma come, imposti un colloquio e ascolti l’altro? Sì, e anche tanto, ovviamente s’imposta, si fanno le giuste domande e/o considerazioni ma la centralità è dare input e stare attenti ai feedback.

Spesso sento dire “quella persona ha una parlantina eccezionale, è un ottimo venditore”, personalmente credo il contrario, chi parla poco e con saggezza ma tende ad ascoltare tanto, quello è un venditore fantastico perché assimila i punti di forza e debolezza e carpisce le esigenze.

Thomas Gordon (1918-2002), psicologo clinico candidato al Premio Nobel per la Pace per ben 3 anni ha affermato che comunicare efficacemente significa, in primo luogo, saper ascoltare. Se non vi fidate di me, che è lecito, date credito ad un Premio Nobel…

L’ascolto deve essere perlomeno attivo, se non profondo, implica l’interazione con l’interlocutore e fa anche in modo che questi abbia delle prove che chi lo sta ascoltando lo stia anche capendo.

Uno strumento che mi è stato insegnato, che vi dono, utile nel dialogare con una risorsa e far emergere i punti ci criticità è il diagramma ad albero. E’ semplice, ad un certo punto dell’incontro prendete un foglio bianco e disegnate un tronco, alla base mettete la mission da raggiungere e consegnate il foglio al collaboratore/trice. Chiedete di tracciare dei rami con scritto i motivi per cui non è riuscito/a a raggiungere l’obiettivo. Noterete come una buona percentuale siano cause oggettive: crisi, competitors, meteo…. Riuscireste a risolvere quei problemi? Non credo, concentratevi e cerchiate quelle soggettive: demotivazione, problemi privati, scarso impegno…. Conseguentemente analizzate solo quelli, diciamo che vi fate aiutare da chi deve ricevere aiuto. Quei problemi potrete risolverli e se dall’altra parte ci sarà voglia e consapevolezza sarà tutto in discesa. Inoltre non trascurate il fatto che in un epoca in cui si ascolta poco quando troviamo qualcuno che lo fa per noi, a nostro vantaggio, ne rimarremo ammaliati ed onorati al punto da seguire il leader. Inoltre traccerete la rotta per  un corretto P.D.C.A.

Molto importante, quando terminate l’incontro, fare sempre un riepilogo per convenire insieme se tutto quanto spremuto sia il reale succo da portare via. Vi aiuterà a trovare reciprocità, stipulare un contratto verbale ed evitare equivoci.

Probabilmente c’è molto ancora da dire ma lo spazio a disposizione m’impone sintesi, ma ricordate che fermarvi a dialogare correttamente, con preparazione, in maniera scientifica è fondamentale altrimenti saremmo tutti bravi a fare i Manager. Anche i luoghi di discussione sono essenziali, non fate un colloquio individuale al bar, vi parrebbe coerente? La scelta del luogo determina la bontà e riuscita di queste azioni. Tempo perso? Sarò breve, chi la pensa così può smettere di leggere non ho voglia di convincere ma di essere capito, un professionista studia, si applica e cerca di evolversi e non critica tendendo a rendere le cose semplici perché semplice è facile, difficile è fatica !

 

Un caro saluto

 

Davide Bosisio

I colloqui individuali

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