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Relazioni: il Feedback

Relazioni: il Feedback

Cosa si intende per feedback precisamente?

Il feedback è tecnicamente un ritorno di informazioni in un processo di comunicazione tra due persone teso all’individuazione oggettiva di un comportamento, al fine di modificare o rinforzare il comportamento stesso.

In pratica il feedback consente alle persone e alle organizzazioni di funzionare bene, di funzionare meglio, perché dà indicazioni precise (o almeno così dovrebbe essere) su come migliorare.

Per essere buono, un feedback deve essere prima di tutto oggettivo, e non basarsi su pregiudizi o simpatie. Il suo obiettivo è infatti quello di apportare un miglioramento, non di dare un voto. È necessario che chi dà un feedback (generalmente il datore di lavoro, un capo, un superiore) sia capace di formularlo nella maniera più corretta  e che chi lo riceve (il dipendente) sappia accettarlo.

Il tema della Leadership è uno dei più diffusi in ambito manageriale per il semplice fatto che negli anni si è appreso sempre di più che saper gestire e guidare le persone, conoscendo i meccanismi interiori che portano a creare risultati aziendali, è molto più produttivo per l’azienda oltre a creare un clima che giova al benessere delle persone stesse sia a livello di collaboratori che di management.

L’atto comunicativo più frequente con cui un manager si confronta nel quotidiano è dare feedback, cioè esprimere pareri sull’operato dei propri collaboratori, ed è così frequente che spesso viene svolto in automatico, d’istinto o senza darvi troppo peso nella maggior parte dei casi, perché convinti di saper come fare per esperienza pregressa.

Quando il feedback è dato in modo errato

Se il feedback non viene dato nel modo giusto può essere percepito come una critica dalla persona che lo riceve perché la persona si chiude in se stessa e tende a non collaborare inconsciamente e se lo fa, lo fa perché obbligato, probabilmente nel modo peggiore che possa farlo.

Nel processo di crescita di una persona il feedback può giocare un ruolo fondamentale ed è lo strumento per eccellenza che permette di focalizzare le aree di miglioramento sulle quali lavorare. Dunque non è un’opinione ma è qualcosa che ha strettamente a che fare con i comportamenti e con le emozioni della persone, più ci si concentra sul comportamento della singola persona (e non sulla persona stessa) più questo è efficace.

Feedback positivo o di rinforzo

Spesso i capi hanno la tendenza a sopravvalutare le lodi che mettono in atto rispetto alla reale percezione dei dipendenti (e quello che vale è il percepito nei rapporti umani).

Molti manager oggi pensano che dare feedback positivi sia facoltativo ma questo è un errore.

Un altro motivo valido per lodare può essere semplicemente un metodo per migliorare il rapporto e la stima reciproca verso il collaboratore. Così come i genitori con i figli è bene che tengano presente che a volte rafforzare costantemente i comportamenti positivi può essere più efficace che cercare di modificare quelli non positivi, questo vale anche nel mondo del lavoro e con i propri collaboratori di vario grado o colleghi .

Per farlo in modo ottimale è indispensabile che la comunicazione non verbale e para-verbale sia del tutto congruente con quella verbale.

La P.N.L. o Programmazione Neuro Linguistica (la disciplina che studia modelli di successo e quanto il linguaggio, gli schemi di pensiero influenzino comportamenti e risultati) insegna che la comunicazione verbale deve essere assolutamente coerente con quella non verbale (gesti, atteggiamenti, mimica facciale ecc.) e para-verbale (tono , volume, ritmo di voce ecc). Questo è molto importante perché anche una frase di incoraggiamento, detta distrattamente e senza la giusta attenzione, può essere presa in senso opposto o addirittura come una critica, dato che spesso il linguaggio del corpo ed il tono della voce viene percepito in modo più potente dalle parole stesse. Quindi è corretto riporre la giusta attenzione anche nel dare un feedback positivo affinché questo sia davvero efficace.

C’è poi un tipo di feedback positivo che rinforza particolarmente la sponsorship positiva (termine che in P.N.L. indica la capacità di rafforzare un senso di identità e di autostima nelle persone) . Questo risulta utile spesso, ma in alcuni casi, dire ripetutamente ad alcuni collaboratori, specie se appena nominati e sospettati di avere una scarsa autostima, “tu sei bravo in…” ad esempio, può servire enormemente a rafforzare quel senso di incertezza e di indecisione che limita l’impegno di questo tipo di persone.

Non è da trascurare il feedback in ambito puramente relazionale, venditore-cliente ad esempio, nel senso che se in un appuntamento di vendita non si dà attenzione alla comunicazione, porterà a lavorare, ed investire tempo, su una trattativa che non nascerà mai. Cosa voglio dire? Chi lavora in ambito commerciale è al corrente che se non si approfondiscono segnali legati a dubbi, che spesso sono rappresentati da feedback non verbali o mezze frasi apparentemente di poca rilevanza, ci si ritroverà a girare a vuoto. Questo atteggiamento nasce dalla volontà di evitare di ricevere sul nascere feedback negativi, che invece sono determinati. Se una trattativa poggia su queste basi, non potrà che tramontare, allora è meglio saperlo subito per investire il proprio tempo in altro e far si che sia maggiormente produttivo.

Sento molto questo argomento perché, in passato, ho sofferto di questa “sindrome” di lasciar correre tanto poi… Ho imparato a mie spese quanto sia invece utile sapere e dialogare correttamente per poter fare previsionali quanto più realistici e usare il mio tempo per creare valore e benessere per me e chi è con me.

Dimenticavo, una regolina ormai nota ai più ma solo a livello conoscitivo e non applicativo, elogiate in pubblico e criticate in privato !!!

Davide Bosisio

L’ARTE DELLA COMUNICAZIONE

Comunicare, una delle più antiche arti dell’umanità che oggi, nella civiltà moderna,  è diventato strumento imprescindibile usato nelle forme più variegate e in maniera sempre migliore, in continua evoluzione.

Diamo come sempre una definizione all’oggetto per facilitarne l’analisi: la comunicazione si può definire come uno scambio di informazioni che avviene tra due o più individui con la finalità di emettere e ricevere segnali in un processo dinamico tra i soggetti coinvolti.

Bene, detto ciò, quello che volevo oggi condividere era l’analisi della comunicazione e l’importanza di utilizzarla nei modi corretti, o meglio, sbagliando il meno possibile capendo quando e quale usare nelle diverse circostanze di vita.

Partiamo dall’elencare le forme:

  • Verbale;
  • Non verbale.

Verbale:

Fa riferimento al suono, all’emissione di un rumore decifrato da un linguaggio che permette di far intendere nella traduzione l’immagine della cosa. Davide sì più semplice. D’accordo, facciamo un gioco. Se vi dicessi la parola “porta”, ditemi cosa immaginate. La porta è una porta ma può essere in legno, in cristallo, battente, a scomparsa o come vi piace di più. Vedete, molte interpretazioni della stessa cosa. Se volessi migliorare ciò che dico dovrei dire, porta in legno, si ma poi parte l’immaginazione, chi la vede scura, chi chiara e via via via… Allora non ne usciamo più, direte, non è vero perché l’abile comunicatore chiede sempre un feedback al ricevente per verificare lo stato di comprensione, fa un riepilogo, una domanda.

Non verbale:

Legato a tutto ciò che fa capo a gestualità, postura, viso, occhi. Tutto ciò che comunica senza l’uso vocale. Non si dice che parlano più due occhi che mille parole? No, è mia, ma è vera dai…

Riflettete in onestà, sarà capitato a tutti di incontrare una persona che la prima frase che dice è “come và?” se la risposta fosse data a petto in fuori, con un sorriso smagliante, guardando negli occhi l’interlocutore convenite diventi superflua la risposta? Cosi come se rispondessi “tutto bene” ma sbuffando, ingobbendomi con un tono sommesso. Ma chi ci crede che va tutto bene?

Ancora oggi molti pensano che la comunicazione verbale sia la principale, o per lo meno quella più efficacie. Con ciò non voglio essere ironico a riguardo, ma permettetemi d’esser perplesso. Avete mai riflettuto sulle diversità nel comunicare tra due persone che in un primo step dialogano l’uno dinnanzi all’altro e poi , agli stessi due soggetti , imporgli una comunicazione telefonica e poi, peggio ancora, scritta.

I soggetti sono i medesimi, ma perché la tendenza è quella di valorizzare il primo esempio? Perché rispetto agli altri il ricevente, colui che ascolta, percepisce in maniera differente i segnali che chi parla vuole far arrivare, ma non grazie al “verbo”,  ma per merito del linguaggio non verbale. La gestualità, il viso, gli occhi, la postura comunicano all’80% del totale per cui diventa maggiormente penetrante il messaggio che si vuol far passare, ci si rende conto meglio di chi abbiamo difronte, delle sue esigenze, del suo stato d’animo perché in un flusso inverso ci arrivano informazioni,  non verbali per l’appunto.

Comunicare in forma telefonica, invece, manca della “fisicità” e infatti è assai più complesso, la riprova di quanto sia vero quanto scritto fonda le sue basi sulla mancanza dell’uso del corpo ma permette per lo meno di immaginare lo stato d’animo o interesse del ricevente da sensazioni legate alla voce. Un esempio, non vi è mai capitato di parlare al telefono e percepire lo stato della persona, addirittura la sua postura senza vederla? Si dai, tutto ciò non perché fosse esplicitato o perché siate da etichettare come il nuovo Messia  ma perché percepite dal suono vocale uno stato d’animo. Per la complessità, esistono scuole d’addestramento per una migliore comunicazione telefonica, tanto per.

Scrivere è lo strumento che considero  più complesso perché manca qualunque tipo di feedback di ritorno e spesso gli equivoci si sprecano. A me è sempre stato insegnato, riguardo questo stile, di usare lo scritto solo per comunicazioni di servizio. Un problema , un sentimento, una strategia  non devono essere trattati in questa modalità perché certe circostanze meritano la migliore comunicazione. Le aziende di spessore fanno gruppi di lavoro per concertare come muoversi, non se le scrivono. Spezziamo una lancia a favore però di questo stile, aiuta a sentirsi meno esposti  e quindi ognuno di noi predilige proteggersi.  E’ nella nostra natura. E’ lecito, da non discriminare, ma se si vuole migliorare bisogna cambiare, o meglio, adottare lo stile più corretto alla fattispecie concreta , solo così si potrà “riveder le stelle” come cita un’importante campagna pubblicitaria.

Ci sarebbe da dire e scrivere tanto, mi fermo qui se no mi ammoniscono dicendomi che annoio, dunque spero di aver fatto arrivare un messaggio che dia spunti di riflessione.

Concludo questo blog come sempre parlando di noi, Spaziourbano !!!

Per una migliore comunicazione della nostra caratura stiamo lavorando sodo alla creazione del nuovo sito, più adatto a come siamo oggi e a come vorremmo comunicare. Per cui vi lascio con questa anteprima, perché quando sarà pronto lo sapranno in molti, vogliamo veicolarlo e farlo comunicare utilizzando i media come mai prima d’ora….

 

Un caro saluto

 

Davide Bosisio

L’ARTE DELLA COMUNICAZIONE

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